BRUGHERIO: Verdi Requiem, 27 ottobre 2019

BRUGHERIO: Verdi Requiem, 27 ottobre 2019

  • 07/11/2019

MESSA DA REQUIEM

Giuseppe VERDI

per soli, coro e orchestra

 

Direttore e concertatore: Valter Borin

Stefanna Kybalova soprano

Alessandra Palumbo mezzosoprano

Max Jota tenore

Andrea Patuccelli basso

ORCHESTRA FILARMONICA LOMBARDA

CORALE LIRICA AMBROSIANA

Direttore del Coro Roberto Ardigò

Teatro San Giuseppe di Brugherio – Stagione 2019/2020

 

Chiesa di San Bartolomeo, 27 ottobre 2019


Difficile dire quali siano i pensieri che affollano la mente di un artista in quei frequenti o rari momenti in cui sono preda della creatività. Ancor più difficile lo è poi quando, essendo passati a miglior vita, non si ha più la possibilità di confrontarsi con loro.

La Messa da Requiem di Verdi ha avuto alle sue spalle un lungo vissuto di rimaneggiamenti prima che fosse presentata nella sua stesura definitiva il 22 maggio 1874 nella Chiesa di San Marco a Milano in occasione del primo anniversario della morte di Alessandro Manzoni. Sotto la direzione dello stesso Verdi l’esecuzione riscosse un enorme successo che valicò presto i confini nazionali. Fu Giuseppina Strepponi ad agevolare l’incontro tra il Cigno di Busseto e il Manzoni nel salotto della Milano bene della Maffei. Da allora la stima del compositore per il poeta crebbe a dismisura, maggiormente alimentata dalla condivisione di quelli che furono gli ideali di libertà, giustizia e unificazione dell’Italia. Del resto sono note a tutti la metodica e la misura con le quali il Maestro contribuì a che il grande sogno del Risorgimento divenisse quella realtà in cui oggi viviamo.

La stesura del Requiem trova la sua genesi in un progetto poi naufragato per commemorare Gioachino Rossini, ne troviamo anche un significativo brano, il “Lacrimosa” nel “chi rende a me quest’uom” (atto IV, seconda scena del Don Carlo). Da qui non è difficile intuire a quanti e a quali rimaneggiamenti sia stata sottoposta la composizione. Il metodo e il mestiere di “chi sa’ ” sembrano essere il fondamento di un autentico capolavoro che poggia la sua potenza su una visione del Padre quanto più vicina al testo originale in latino, ma ancor più ai racconti biblici più arcaici che figurano un Dio tremendo e temibile, autore di un’ineluttabile giudizio al quale tutti saremo sottoposti. È un dipinto imponente, dai toni cupi, dai forti contrasti e di chiara lettura che sembra voler richiamare all’ordine il suo spettatore dicendogli poche chiare parole come “bada a ciò che fai perché Dio esiste e ti giudicherà”. La solennità con cui Verdi si pone di fronte alla morte non ha nulla di moderno, nemmeno per la sua epoca, a differenza di quanto ad esempio avviene con Mozart dove nel Lacrimosa si avverte qualcosa di più simile ad un’intima reazione all’ingiustizia che la morte rappresenta. Qui il singhiozzo di un violino cresce via via sino ad esplodere in un coro che pare invocare quella giustizia invece temuta da Verdi. Giocano la differenza di età, la distanza culturale dalla Santa Sede e forse l’aver scritto di getto piuttosto che il frutto di una lunga riflessione?

 Siamo solo davanti a pure sperequazioni su capolavori immensi che nel corso dei secoli si sono sprecate a volontà e sulle quali ci si è addentrati solo per diletto. Fatto innegabile è invece l’inadeguatezza, in termini di acustica, rappresentata dalla chiesa quale location per l’esecuzione. Così è che anche in questo caso un riverbero quantificabile in una manciata di secondi ha finito col sortire un difficile ascolto per quello che invece in teatro avrebbe raggiunto una qualità molto più che buona malgrado l’unica prova con i solisti la mattina stessa.

Ne sono derivati una buona prova per l’Orchestra Filarmonica Lombarda ottimamente gestita anche nelle difficoltà di tenere insieme le masse ed i solisti, proprio a causa di quel riverbero, dal Maestro Valter Borin. Molto bene anche la Corale Lirica Ambrosiana egregiamente preparata per l’occasione dal Maestro Roberto Ardigò.

Apprezzabile la prova del soprano bulgaro Stefanna Kybalova che ha accettato di esibirsi nonostante l’indisposizione. Ha bene inteso ed espresso le intenzioni e il pathos il mezzosoprano Alessandra Palumba dotata di indiscutibili doti professionali e vocali, oltre a quella esperienza utile anche a sopperire le mancanze di altri; bella prova nel Lacrimosa. Di rara bellezza la qualità della voce del tenore brasiliano Max Jota, facile negli acuti e sempre presente in tutto il registro; molto bene l’Ingemisco. Il basso è Andrea Patuccelli del quale si è potuta apprezzare una lodevole qualità artistica e vocale dall’ottima timbrica ed intonazione.

Molto interessante la proposta del Maestro Borin in qualità di compositore con la breve esecuzione in prima mondiale assoluta del “VENI CREATUR SPRITUS” per soprano solo, coro e orchestra. La voce è quella giovane del soprano in erba Michela Dellanoce che si esibisce più che dignitosamente.

Roberto Cucchi

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