Teatro alla Scala: Guillaume Tell – Gioachino Rossini, 23 marzo 2024 a cura di Nicola Salmoiraghi

Teatro alla Scala: Guillaume Tell – Gioachino Rossini, 23 marzo 2024 a cura di Nicola Salmoiraghi

  • 24/03/2024

GUILLAUME TELL
Gioachino Rossini

Melodramma in quattro atti

Libretto di Étienne de Jouy e Hippolyte-Louis-Florent Bis
Edizione critica della Fondazione Rossini di Pesaro in collaborazione con Casa Ricordi, Milano


Direttore MICHELE MARIOTTI
Regia CHIARA MUTI

Personaggi e Interpreti:

  • Arnold Melchtal Dmitry Korchak
  • Guillaume Tell Michele Pertusi
  • Walter Fürst Nahuel Di Pierro
  • Melchtal Evgeny Stavinsky
  • Gessler Luca Tittoto
  • Rodolphe Brayan Ávila Martinez
  • Leuthold Paul Grant
  • Ruodi Dave Monaco
  • Mathilde Salome Jicia
  • Jemmy Catherine Trottmann
  • Hedwige Géraldine Chauvet
  • Un chasseur Huanhong Li*
    *Allievo dell’Accademia Teatro alla Scala

Scene ALESSANDRO CAMERA
Costumi URSULA PATZAK
Luci VINCENT LONGUEMARE
Coreografia SILVIA GIORDANO

Teatro alla Scala, 23 marzo 2024


Per la prima volta Guillaume Tell di Gioachino Rossini nell’originale francese al Piermarini. Le altre volte sempre in italiano, compresa l’ultima, inaugurazione di stagione nel 1988, con la direzione di Riccardo Muti e la regia di Luca Ronconi.

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Opera definitiva, il Tell, certamente per il suo autore. Dopo di lei (prima rappresentazione nel 1829) verrà altra musica ma non più un titolo per il teatro lirico. Probabilmente lo stesso musicista comprese che oltre non poteva andare. Aveva raggiunto il massimo, aveva dato una svolta e dopo niente sarebbe stato più lo stesso. Con ogni probabilità senza questo estremo capolavoro la storia dell’opera, e non solo italiana, non sarebbe stata uguale. Il Pesarese non poté e non volle andare al di là di questo confine, ma Bellini (troppo presto scomparso), Donizetti e Verdi quella strada indicata la trovarono bene illuminata e la percorsero fino in fondo, scrivendo pagine a lettere d’oro.

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Di questo monumentale e soggiogante materiale sonoro, ormai pienamente romantico pur restando agganciato agli stilemi fondamentali del Belcanto, Michele Mariotti, alla guida della fantastica Orchestra scaligera, dal suono lucente e profondissimo, è stato interprete magistrale, per certi versi definitivo. Il flusso sonoro che dal braccio di Mariotti si trasmette alla compagine di musicisti trascolora dalla più pastellata morbidezza (certi miracolosi pianissimi in orchestra) al più fluente abbandono e alla più infiammata, incalzante passione. Nulla mai fine a sè stesso, sempre inscritto nell’alveo di un racconto musicale che si fa dramma, Teatro con la T maiuscola, abbracciato ed avvinto a cantanti, scena, testo.

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

A parte qualche piccolo sacrificio nelle danze del primo atto e l’espunzione dell’aria di Jemmy la partitura è integrale. Quasi quattro ore di musica che si vorrebbe non finissero mai, tale è la soggiogante autorità, la sconvolgente, intensa bellezza della concertazione di Mariotti. Un gesto che danza con gli strumenti e fa volare le note dell’autore verso un empireo che non è astrazione ma vita, verità, noi. La sublime catarsi del risveglio alla natura e alla libertà che conclude l’opera, prende alla gola e commuove. Se si potesse seguire la via che Rossini, e con lui Mariotti, ci indicano, il mondo sarebbe certamente migliore.

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Di pari livello la prova del prodigioso Coro scaligero preparato da Alberto Malazzi, che ad ogni prova supera sè stesso. Gigantesco, senza mezzi termini.

Del nuovo allestimento con la regia di Chiara Muti (scene di Alessandro Camera, costumi della pluripremiata Ursula Patzak, luci di Vincent Longuemare, coreografia di Silvia Giordano) si è detto molto male e pochissimo bene. Io sarò tra quelli che ne dirà bene, se non molto bene. Ora, non è perché qualcuna porta il cognome che porta debba essere lapidata a priori (perché di questo si è trattato).

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

La signora Muti, invece, alla quale evidentemente giova la lontananza dai “vincoli famigliari”, ha viceversa costruito uno spettacolo intenso e potente, innestato su un’idea intelligente (che certo può non piacere) e condotta sino alla fine con determinazione e indubbia sicurezza tecnica e teatrale (allestire quest’opera è tutt’altro che semplice). Una società grigia e distopica, dove un popolo oppresso vive sotto il gioco di un tiranno (un demone scarlatto di bergmaniane memorie, ma non manca proprio una esplicita citazione finale del Settimo sigillo) in scuri casermoni semoventi, un po’ recinti, un po’ prigione, un po’ lager; dagli schermi dei tablet che tengono spesso accesi tra le mani arriva probabilmente il controllo e il dominio che dall’alto punta al lavaggio del cervello. Non si sanno leggere gli agganci alla realtà?

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Pazienza, non è richiesto ma sarebbe utile che non si desiderino solo alpeggi, ruscelletti, bovini al pascolo e magari Heidi che saltella da un prato all’altro. I momenti di coreografia (belli e inquietanti, un “brava” a Silvia Giordano, e tra l’altro benissimo eseguiti dagli Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretta da Frédéric Olivieri) e in particolare quelli del terzo atto, alla sulfurea “corte” di Gesler, sono i momenti più teatralmente coinvolgenti, con una musica che apparentemente porterebbe da un’altra parte e invece ci trascina in un inferno di violenza e prevaricazione. Naturalmente, alla mia recita, sono stati sonoramente contestati. Naturalmente appunto, pensare stanca. E anche capire l’evidenza e la realtà di un’aderenza teatrale che dovrebbe essere invece così lampante. Ma la realtà, come è noto, disturba i più. E disturbare, svegliare le coscienze, è una delle funzioni del Teatro. Ci riprovi, signora Muti, segua questo sentiero. In caso, sono dalla sua parte.

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Eccellente il cast vocale riunito (oltretutto tutti attori convincenti, per tornare alla regia), con i vertici di Michele Pertusi e Dmitry Korchak. Pertusi, nel title role, sta attraversando una stagione prodigiosa del suo ormai lungo itinerario artistico. La voce è sempre calda, bella, espressiva, grondante “umanità”; il volume risulta sempre ampio e timbrato, il fraseggio è di uno scavo interiore emozionante, l’interprete sempre convincentissimo e carismatico, un carisma fatto di autenticità e vibrante emozione. Tutto il ruolo è stato reso splendidamente, ma va da sé che la magnifica “Sois immobile” è stata una lezione di canto e accento espressivo che resterà nella memoria.

Squillante, eroico, solido nel centro e capace di rapinose mezzevoci lo smagliante Arnold cantato alla grande da Dmitry Korchak. Prodigo di acuti e sovracuti svettanti, in questo ruolo tenorile tra i più ardui di Rossini e dell’intero repertorio belcantistico, il tenore si è dimostrato un autentico fuoriclasse, rifulgendo a sua volta in “Asile héréditaire” e successiva, incandescente cabaletta.

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Molto brava anche Salome Jicia come Mathilde (forse un po’ avara di sfumature e pianissimi in “Sombre forêt”) ma autorevolissima nei suoi successivi interventi, compresa la perigliosa coloratura del terzo atto.

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Di notevole livello il cast di fianco (tutti ruoli importanti comunque) a partire dalle tre voci gravi: Nahuel Di Pierro (Walter), Evgeny Stavinsky (Melchtal, qui in veste semi-profetica e quasi “cristologica”) e Luca Tittoto, satanico Gesler. Ma certo non ha demeritato nemmeno Géraldine Chauvet (Hedwige) mentre un poco più acidula in alto è parsa Catherine Trottmann, Jemmy un filo esile ma assai credibile in scena. Squisitamente musicale il pescatore Ruodi di Dave Monaco.

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Completavano adeguatamente la locandina Paul Grant (Leuthold), Brayan Ávila Martinez (Rodolphe), Huanhong Li (Un chasseur).

photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Dopo quasi quattro ore di musica sublime, come si è scritto in precedenza, e con la luce e la natura libera e rischiarata che sullo sfondo riprende il sopravvento, al termine il pubblico, che ha riempito la Scala, ha festeggiato tutti gli interpreti con applausi scroscianti e acclamazioni che si sono fatte ovazioni clamorose per Michele Mariotti.

Nicola Salmoiraghi

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