La freccia di Inanna – Le ere dell’Universo dalla Mesopotamia a Wagner II parte

La freccia di Inanna – Le ere dell’Universo dalla Mesopotamia a Wagner II parte

  • 08/12/2015

Come detto nel capitolo precedente, nella nuova era, l’età del Toro, la promiscuità fra gli dei e gli uomini era terminata. Per incontrare gli dei, gli uomini ormai dovevano salire sui monti ed aspettare che essi scendessero.

La stessa Sieglinde portata da Brunnilde salirà sul monte dove incontrerà le divinità, le Valchirie, e proprio sul monte Brunnilde annuncerà la nascita di Siegfried: l’eroe che rappresenta la nuova era che da li a poco si sarebbe aperta. Una profezia questa sottolineata dal bellissimo tema della redenzione per amore.

Via, dunque, in fretta, / volgi verso l’oriente! / Con ardita sfida / sopporta ogni pena,… / Fame e sete / spine e sassi; / ridi se distretta, / se dolore ti rode! / Poiché questo solo sappi / e per sempre serba: / il più nobile eroe del mondo / tu nutri, o donna, / nel protettore tuo grembo!.. / Sérbagli i forti / frammenti della spada; / al campo di battaglia di suo padre / felicemente li sottrassi: / colui che nuovamente saldata / la spada un giorno brandirà, / il nome prenda da me… / “Siegfried” gioisca della vittoria!

 

O augusta meraviglia! / O vergine sublime! / A te fedele io debbo / santo sollievo! / Per colui, che noi amammo, / io salvo la cosa più cara: / il compenso della mia riconoscenza / ti sorrida un giorno! / Addio! / Il dolore di Sieglinde ti benedice!

 

La salita al Sinai di Mosè durante l’esodo del popolo di Israele è la rappresentazione in terra del secondo grande passaggio:

Aveva detto a Mosè: «Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu e insieme settanta anziani d’Israele; voi vi prostrerete da lontano,  poi Mosè avanzerà solo verso il Signore, ma gli altri non si avvicineranno e il popolo non salirà con lui».

Poi Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani di Israele.

Agli anziani aveva detto: «Restate qui ad aspettarci, fin quando torneremo da voi; ecco avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una questione si rivolgerà a loro».

Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte.

La Gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube.

La Gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti.

Osserverai questo rito per consacrarli al mio sacerdozio. Prendi un giovenco e due arieti senza difetto; poi pani azzimi, focacce azzime impastate con olio e schiacciate azzime cosparse di olio: di fior di farina di frumento. Le disporrai in un solo canestro e le offrirai nel canestro insieme con il giovenco e i due arieti.

Farai avvicinare Aronne e i suoi figli all’ingresso della tenda del convegno e li farai lavare con acqua. Prenderai le vesti e rivestirai Aronne della tunica, del manto dell’efod, dell’efod e del pettorale; lo cingerai con la cintura dell’efod; gli porrai sul capo il turbante e fisserai il diadema sacro sopra il turbante. Poi prenderai l’olio dell’unzione, lo verserai sul suo capo e lo ungerai. Quanto ai suoi figli, li farai avvicinare, li rivestirai di tuniche; li cingerai con la cintura e legherai loro i berretti. Il sacerdozio apparterrà loro per decreto perenne. Così darai l’investitura ad Aronne e ai suoi figli.

Farai poi avvicinare il giovenco davanti alla tenda del convegno. Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa. Immolerai il giovenco davanti al Signore, all’ingresso della tenda del convegno. Prenderai parte del suo sangue e con il dito lo spalmerai sui corni dell’altare. Il resto del sangue lo verserai alla base dell’altare. Prenderai tutto il grasso che avvolge le viscere, il lobo del fegato, i reni con il grasso che vi è sopra, e li farai ardere in sacrificio sull’altare. Ma la carne del giovenco, la sua pelle e i suoi escrementi, li brucerai fuori del campo, perché si tratta di un sacrificio per il peccato.

Prenderai poi uno degli arieti; Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa.

Immolerai l’ariete, ne raccoglierai il sangue e lo spargerai intorno all’altare. Poi farai a pezzi l’ariete, ne laverai le viscere e le zampe e le disporrai sui quarti e sulla testa. Allora brucerai in soave odore sull’altare tutto l’ariete. È un olocausto in onore del Signore, un profumo gradito, una offerta consumata dal fuoco per il Signore.

Poi prenderai il secondo ariete; Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa. Lo immolerai, prenderai parte del suo sangue e ne porrai sul lobo dell’orecchio destro di Aronne, sul lobo dell’orecchio destro dei suoi figli, sul pollice della loro mano destra e sull’alluce del loro piede destro; poi spargerai il sangue intorno all’altare. Prenderai di questo sangue dall’altare e insieme un po’ d’olio dell’unzione e ne spruzzerai Aronne e le sue vesti, i figli di Aronne e le loro vesti: così sarà consacrato lui con le sue vesti e insieme con lui i suoi figli con le loro vesti.

Poi prenderai il grasso dell’ariete: la coda, il grasso che copre le viscere, il lobo del fegato, i due reni con il grasso che vi è sopra, e la coscia destra, perché è l’ariete dell’investitura. Prenderai anche un pane rotondo, una focaccia all’olio e una schiacciata dal canestro di azzimi deposto davanti al Signore. Metterai il tutto sulle palme di Aronne e sulle palme dei suoi figli e farai compiere il gesto di presentazione proprio dell’offerta agitata davanti al Signore.

Il sacrificio del giovenco fuori dal campo e la consacrazione sacerdotale di Aronne e della sua discendenza, realizzata col sangue dell’Ariete simbolizzano  il sorgere di questo segno all’equinozio di primavera, al posto del toro.

La rinuncia all’amore da parte del Nibelungo aveva rappresentato la prima precessione con la forgiatura dell’anello d’oro. La seconda grande precessione è segnata, invece,   dalla rinuncia di Wotan all’amore verso la figlia prediletta.

Addio, o fiera, / superba fanciulla! / Tu del mio cuore / santissimo orgoglio! / Addio! Addio! Addio! / S’io ti debbo evitare, / se amorosamente non è lecito / più che ti saluti il mio saluto; / se dunque non più dovrai / accanto a me cavalcare, / né idromele porgermi al convito; / s’io debbo perdere / te, ch’io amavo, / o ridente riso dei miei occhi, / un fuoco nuziale / dovrà dunque per te ardere, / come a sposa alcuna mai arse! / Fiammeggiante vampa / la rupe avvampi; / con terrore struggente / il codardo allontani; / che il vile fugga / la rupe di Brünnhilde!… / Poiché un solo sposi la sposa, / il quale più libero sia di me, dio!

Degli occhi la coppia lucente, / che spesso sorridendo vezzeggiavo, / quando la gioia del pugnare / un bacio ti compensava, / quando un balbettìo infantile / la lode dell’eroe / dalle dolci labbra ti fluiva: / di cotesti occhi la coppia raggiante, / che spesso mi luceva nella tempesta, / quando brama di speranza / m’ardeva il cuore, / e a voluttà mondana / il mio desiderio aspirava / per fremente ansia selvaggia: / per l’ultima volta / mi rallegri oggi / dell’addio con l’ultimo bacio! / All’uomo più felice / splenda la sua stella: / all’Eterno infelice / che se ne parte, deve chiudersi. / Come, dunque, si volge / via il dio da te, / così la divinità via da te bacia!

Così la nuova era nasce dall’abbandonarsi all’amore da parte della Valkiria che, privata della sua divinità,  si addormenta dentro il cerchio di fuoco.

Odi, Loge! / Verso qui porgi ascolto! / Come un giorno io ti trovai, / fiamma di fuoco, / come un giorno poi mi sparisti / vagolante vampa; / come io ti vincolai, / così t’evoco oggi! / Sorgi, mobile vampa, / di fiammeggiante fuoco la rupe avvolgimi!

Chi della mia lancia / teme la punta, / mai non traversi il fuoco!

Un’altra grande epoca si era chiusa e se ne apriva un’altra. Quella delle tavole della legge che Mosè  ricevette da Dio sul Sinai assieme alle corna di ariete mentre gli Israeliti ignari ancora inneggiavano al vitello d’oro. Quella di Zeus che fu allevato, sul monte Ida nell’isola di Creta, dalla capra Amaltea, e che dominò il mondo con la folgore dopo aver detronizzato il padre Crono.

E dimora di Zeus era un’umile grotta, dove/ la sacra capra gloriosa l’allattava all’estranea mammella, / Stillando singolare latte di sapienza.

Quella dell’agnello che d’ora in avanti diverrà l’animale sacrificale per eccellenza.

La nuova età sarà caratterizzata dal fuoco, l’Ariete diventerà la rappresentazione celeste del fuoco, e la folgore sarà l’attributo fondamentale di Zeus, quella con cui riuscirà a sconfiggere Crono ed i titani ed a fondare una nuova era.

E Giove non frenò la sua furia, ma subito il cuore / a lui di negra bile fu colmo; e di tutta la forza / sua fece mostra: giù da l’0limpo e dal cielo ad un tempo, / senza mai posa, lanciava baleni; ed i folgori a furia / con le saette insieme, coi tuon’, dalle mani gagliarde / volavan fitti, il fuoco celeste agitavano in giro. / Arsa rombava intorno la Terra datrice di vita, / alto strideva, cinta del fuoco, la selva infinita; / la terra tutta quanta, d’Ocèano il gorgo estuava, / l’inseminato Ponto: cingeva i terrestri Titani / caligine rovente, per l’ètra divino una fiamma / si diffondeva: per quanto gagliardi, le loro pupille / l’abbarbagliante guizzo dei lampi e dei folgori ardeva. / Avviluppava il Caos un incendio infinito: sembrava, / se le pupille a vedere, le orecchie ad udire porgevi, / come se, giù la Terra, su alto l’illimite Cielo / si mescolassero: tanto suonava tremendo il frastuono: / ché giù franava quella, ché il Cielo dall’alto crollava.

Sulla terra la forza della folgore sarà rappresentata dalle nuove armi fatte di ferro, metallo che fu scoperto nell’era dell’ariete.

La nuova era sarà l’epoca della profezia, da ora saranno i profeti, le sibille, i veggenti a comunicare con gli dei, anche Enea figlio di Venere (colui dal quale sarà generata la potenza mondiale di Roma) scenderà nell’altro della Sibilla Cumana per conoscere la volontà degli dei.

Intanto Enea verso la ròcca ascese, / Ove in alto sorgea di Febo il tempio, / E là dov’era la spelonca immane / De l’orrenda Sibilla, a cui fu dato / Dal gran delio profeta animo e mente / D’aprir l’occulte e le future cose.

Nel Siegfried Wagner condenserà questo nella scena degli enigmi fra Wotan e Mime.

Quel che ti giova sapere / dovevi domandare: / il mio capo garantiva la risposta. / Ebbene, che tu non sai / quel che t’è utile, / ne prendo ora il tuo capo per pegno. / Inospitale / mi suonò il tuo saluto, / il mio capo ho rimesso / nella tua mano / per godere del focolare. / A norma di gara / ora io t’impegno, / se tre domande / non mi sciogli facilmente.

Oltre Cuma, molti furono sulla terra i luoghi dove gli dei davano gli oracoli: Sardi in Asia Minore, Ammon in Egitto, Dodona in Epiro ma soprattutto Delfi, l’ombelico dell’universo. La grotta di Delfi si diceva fosse la vagina di Gea la terra. Lì si era compiuta la ierogamia primordiale con Urano da cui era nato il mondo. Il punto che designava il centro dell’universo era rappresentato dalla pietra che Crono aveva inghiottito credendo fosse Zeus bambino. Nel luogo simbolico consacrato ad Apollo figlio di Zeus erano rappresentate tutte le generazioni divine. A questo oracolo un giorno giunse anche un uomo che veniva dall’Oriente, dalla Fenicia: Cadmo.

Cadmo è l’eroe per eccellenza del mito greco: colui attraverso il quale, secondo il grande studioso di religioni antiche Karoly Kerenyi,

“il divino si trasferì nell’umano e l’umano fu elevato fino alla divinità, e così sorse il mito dell’eroe”.

 

Cadmo, l’eroe viaggiatore, consultò l’oracolo delfico come Wotan il viandante consultò Erda la dea della terra.

Veglia, Wala! / Wala svégliati! / Da lungo sonno / te assopita alla veglia risveglio. / Io t’evóco: su, su da me! / Da antro nebbioso / da notturno abisso, su da me! / Erda! Erda! Donna eterna! / Dal profondo natío / emergi all’altezza! / Il canto del tuo risveglio io canto, / perché tu ti svegli; / da meditabondo sonno / io ti chiamo col canto. / Onniscente! / Saggia primordiale del mondo! Erda! Erda! Donna eterna! / Veglia! Svégliati, O Wala! Svégliati!

 

Chiama forte il canto; / attrae potente l’incanto. / Mi sono svegliata / da sapiente sogno: chi a me scaccia il sopore?

Cadmo è l’eroe che rappresenta pienamente il passaggio alla nuova era.

Cadmo parte dall’oriente verso l’occidente alla ricerca della sorella Europa, rapita da Zeus sotto le sembianze del toro. A Delfi però, ammonito dalla Pizia, non seguirà più il toro che era scomparso verso occidente (allegoria della vecchia età che era terminata) ma:

“In una landa deserta”, afferma Febo, “incontrerai una giovenca / che, non obbligata al curvo aratro, mai ha subito il giogo: / seguila dove ti guida e nella pianura in cui s’adagerà / innalza delle mura e chiama Beozia quella regione.”

Nel punto dove questa vacca crollò al suolo, l’Eroe eresse un simulacro della dea Atena, primo germe di quella che sarebbe diventata Tebe.

Cadmo è l’eroe fondatore, Tebe sarà sempre considerata la prima città greca.

Cadmo è l’eroe civilizzatore, fu lui a portare in Grecia l’alfabeto, quindi la scrittura.

Cadmo è l’eroe per eccellenza uccisore del drago. Due volte egli si scontrò con dei draghi ma il primo incontro è quello che lo rese “Caro agli dei”!

Con in mano Notung, la spada che il padre Siegmund aveva ricevuto in dono da Wotan, Siegfried sconfiggerà il Drago Fafner così come Zeus sconfisse il drago Tifone con l’aiuto del giovane principe fenicio.

“…Presto io salirò sull’Olimpo: / non mi curo del Cronide, privo delle sue armi: che cosa può contro di me Atena, una debole femmina, pur armata?/ Coraggio, pastore, annuncia la vittoria di Tifone: / inneggia al nuovo legittimo sovrano d’Olimpo, che porta lo scettro di Zeus e il manto trapunto di Stelle.” /

Ma quando Cadmo si avvide che il figlio della Terra / si era avvolto da sé nella rete tessuta col filo della Moira / trafitto nell’animo dal pungolo carezzevole del flauto, / senza sorriso gli rivolse parole calcolate:/ “Ascoltavi rapito l’umile melodia del mio flauto; / dimmi, che cosa farai quando, per cantare il tuo trono, / intonerò l’inno della vittoria sulla cetra a sette corde? / Anch’io ho sfidato a contesa plettri celesti / e ho vinto Febo con la mia cetra; ma il Cronide / ridusse in polvere le mie corde melodiose / per compiacere il figlio sconfitto. Se mai potessi ritrovare / nervi tanto possenti, leverò con il mio plettro un canto / che ammalierà gli alberi e i monti tutti, e il cuore delle fiere; …” /

Disse. E Tifeo accennò con le nere sopracciglia / e ondeggiò le chiome: il veleno schizzato dalle vipere della / della criniera scossa inondava le montagne. / Poi svelto si precipitava nel suo antro. Afferrava / i tendini di Zeus e li porgeva a Cadmo astuto in dono ospitale, / i tendini caduti sulla terra durante la lotta con Tifone. / E così l’ambiguo pastore ebbe un regalo divino: / li accarezzò e, adducendo di usarli in futuro / come corde per la sua lira, li nascose nel cavo d’una roccia, / dove li avrebbe custoditi per Zeus massacratore di Giganti. / Poi emetteva un soffio lieve dalle labbra socchiuse  / e smorzando il tono della melodia con la pressione sui fori, / produsse accenti ancor più soavi. Tendendo i molti orecchi / Tifeo ascoltava l’armonia, e non capiva…

…Fu così che a Cadmo / Tifone intero affidò il suo cuore rapito dalla melodia.

 

Là dunque rimaneva, al bordo della selva ricca di pascoli, / vibrando le mobili labbra sui fori del flauto, / Cadmo, figlio di Agenore, finto capraio; e imprevedibile / Zeus, l’irraggiungibile figlio di Crono, insinuandosi tacito nella grotta, / armava di nuovo la propria mano con la face che gli appartiene. / E un nembo celava Cadmo presso la rupe invisibile, / perché scoprendo l’inganno fallace e il ladro occulto / del fulmine, Tifeo dalla torbida mente non uccidesse / l’ambiguo pastore.

Come Zeus, prigioniero di Tifone,  non potrà riavere i suoi tendini senza l’aiuto di Cadmo così Wotan non potrà prendere l’anello maledetto al drago senza l’intervento di Siegfried.

Come Cadmo per aver salvato Zeus riceverà in premio le nozze con la divina Armonia, figlia di Afrodite ed Ares,  così Siegfried si unirà con Brunnilde la più saggia fra le figlie di Wotan ed Erda.

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