EDUCAZIONE ALLA MUSICA Si conclude sabato 12 dicembre alle ore 17 il Ciclo Schiller- Verdi presso il Ridotto del Teatro Municipale

EDUCAZIONE ALLA MUSICA Si conclude sabato 12 dicembre alle ore 17 il Ciclo Schiller- Verdi presso il Ridotto del Teatro Municipale

  • 10/12/2015

EDUCAZIONE ALLA MUSICA

Si conclude sabato 12 dicembre alle ore 17

il Ciclo Schiller- Verdi presso il Ridotto del Teatro Municipale

L’iniziativa è promossa dalla Fondazione Teatri

in collaborazione con il Centro Culturale Italo Tedesco di Piacenza

in occasione del 210° anniversario della morte di Friedrich Schiller

 

 

Si conclude sabato prossimo 12 dicembre alle 17, presso il Ridotto del Teatro Municipale, con l’ultimo incontro dedicato all’opera verdiana Don Carlos, l’iniziativa promossa dalla Fondazione Teatri di Piacenza in collaborazione con il Centro Culturale Italo Tedesco di Piacenza in occasione del 210° anniversario della morte di Friedrich Schiller.

Parliamo del “Ciclo Schiller-Verdi”, una delle tante attività realizzate dalla Fondazione Teatri che vanno sotto il nome di Educazione alla musica, che è nato al fine di analizzare l’influenza che le opere di Schiller ebbero sulla produzione musicale di Verdi.

In particolare nell’incontro di sabato prossimo, sempre moderato dal musicologo piacentino Nicola Montenz, si parlerà di come ridurre alle proporzioni di un lavoro di teatro una tematica tanto grandiosa e vasta che abbracciava il campo politico-sociale e quello psicologico-individuale fu impresa ardua sia per il drammaturgo tedesco, sia per il musicista di Busseto.

La genesi delle due composizioni presenta alcune analogie, esteriori ma abbastanza significative. Sia il Don Carlos, Infant von Spanien — ein dramatisches Gedicht — sia il Don Carlos di Verdi impegnarono gli autori più di qualunque altra delle loro creazioni: Schiller vi lavorò per più di 4 anni (1783- 1787) e Verdi per più di due (1865-1867); entrambi seguitarono ad occuparsi della propria composizione per adattarla meglio alle esigenze della rappresentazione teatrale. Tre sono le rielaborazioni del Dramatisches Gedicht per il palcoscenico, una delle quali in prosa, e tre sono le edizioni ufficiali dell’opera verdiana che nella veste parigina in cui fu vista la prima volta il 1 marzo 1867 non risulta mai più riproposta. Entrambi ebbero modo di lamentarsi della quantità di tempo richiesta dalla composizione e della mancanza di organicità che poteva esserne il risultato.

La stesura di Kabale und Liebe aveva chiarito all’autore stesso il tragico egoismo di una passione che conduce all’accecamento davanti ai veri mali del viver civile. La conclusione è che nella redazione definitiva, quella del 1805, che era sotto gli occhi di Verdi nella traduzione del Maffei, i primi due atti lasciano presumere uno svolgimento diverso da quello che poi prendono i successivi tre. Comunque la differenza tra la quarta fatica schilleriana di Verdi e le tre precedenti è l’accento sull’introspezione degli abissi dell’anima unita alla creazione di un’atmosfera unitaria, solenne e splendida nella sua cupezza, ma anche percorsa e talvolta lacerata da fremiti d’inquietudine, di incertezza, di dubbio. La sfera della vita privata e quella della vita pubblica si compenetrano lumeggiandosi a vicenda, la parte più propriamente spettacolare non è mai semplicemente uno sfondo su cui si stagliano le psicologie individuali, ma l’una e le altre sono inscindibili per il conseguimento dell’effetto drammatico.

Il Don Carlos del 1867 non è quindi basato sul «grido della passione» come le precedenti Giovanna d’Arco, Masnadieri e Luisa Miller. Ci si può chiedere se sarebbe stato cosi se Verdi avesse scritto l’opera nel 1850, quando per la prima volta gliene fu sottoposto il progetto.

È ragionevole pensare che se il progetto del 1850 fosse andato in porto, avrebbe avuto, musicalmente e anche librettisticamente, carattere assai affine a quello del Rigoletto e del Trovatore: sarebbe stata una fosca ballata romantica, con individualità accentuate e passioni esasperate; la parte politica sarebbe stata relegata nello sfondo come relitto decorativo; un libretto vicino al Bauerbacher Entwurf, come d’altronde lo erano stati i testi per musica scritti sul medesimo argomento sino a quel momento.

Il Verdi del 1865 aveva esortato i suoi librettisti a tenersi fedeli a Schiller e in effetti Méry e Camillo Du Lod riuscirono a mantenere l’aura schilleriana più di quanto una lettura del loro testo non faccia a prima vista capire.

Ricordiamo che durante l’incontro verranno eseguiti al pianoforte dal musicista Gianluca Piacenza arie tratte dall’opera verdiana. L’ingresso è libero.

(comunicato stampa)

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