UN CONCORSO LIRICO TUTTO ITALIANO

UN CONCORSO LIRICO TUTTO ITALIANO

  • 07/10/2017

È senz’altro un qualcosa che mancava nell’ormai immenso panorama dei concorsi italiani ma che in realtà aprono ad ogni nazionalità ed età, e che talvolta tendono più al profitto che all’unico vero obiettivo che dovrebbero perseguire: individuare un raro talento da sostenere nello studio e chissà, forse anche nella carriera artistica!

Altra importante novità, per così dire, dato che non si vedeva da tempo immemorabile, l’assenza di una giuria… intendiamoci, qualcuno dovrà pur votare! Ma non saranno i professionisti del settore, bensì il pubblico. Una cerchia chiusa, se vogliamo, composta dagli appartenenti ai circoli, e agli addetti stampa, ben lungi dal portare avanti interessi personali che vadano oltre al puro piacere di assistere alla formazione di nuovi veri artisti.

La partecipazione è gratuita e vi si accede attraverso una preselezione che avviene mediante l’invio di un file audio e della modulistica debitamente compilata. Uniche condizioni, essere di cittadinanza italiana, non aver precedentemente vinto altri concorsi né aver fatto nulla di particolarmente importante in campo professionale e non aver superato i 28 anni di età. Fra i candidati verranno scelti per la selezione finale un minimo di 12 fino ad un massimo di 15 concorrenti.

Un concorso tutto italiano, forse perché la Lirica è patrimonio italiano quasi al cento per cento, e nulla è più lecito che rivendicarne la paternità, senza nulla togliere all’infinita schiera di interpreti stranieri che ne hanno segnato la storia, ma con l’intento di restituire valore e interesse alla formazione di interpreti nazionali.

EMOZIONARE sarà l’unico vero obiettivo che i concorrenti dovranno raggiungere.

Il mio personale pensiero è “che tutto si può perdonare, ma non la mancanza di cuore”, questo per dire che spesso si assiste a recite dove si è quasi raggiunta la perfetta tecnica di emissione vocale, talvolta il perfetto fraseggio, e chi più ne ha più ne metta… ma che in realtà non lasciano poi nulla.

Accade perché l’intenzione ha preso una strada diversa dalla meta che il vero artista dovrebbe raggiungere, quella di emozionare. Si pensi alla “mamma morta” di Maria Callas, non proprio un’italiana e non certo una delle più belle voci, ma di sicuro quella che maggiormente ha avuto la capacità di raggiungere il cuore attraverso un’interpretazione pressoché perfetta. Si pensi alla Bohéme di Luciano Pavarotti, ineguagliabile sotto ogni profilo, sia tecnico che interpretativo. Stereotipi? No, frutto non solo di studio della partitura e della tecnica emissiva, bensì di un’italianità che non può essere conquistata in funzione del successo professionale, bensì acquisita attraverso i natali o con l’adozione di un “pensiero profondo”. I giovani studenti di varie nazionalità sono soventi nel prendere esempio dalle incisioni dei grandi artisti disponibili su Youtube, senza avere un parametro chiaro che gli permetta di fare un distinguo tra il perfetto strumento che “funziona”, e l’imperfetto, talvolta gracchiante, ma che emoziona e che per sempre resterà nel ricordo. L’arte non è perfezione assoluta, l’arte è quello stato di grazia che mette in contatto l’umano con il divino. L’Opera Italiana, non deve necessariamente essere interpretata dai soli italiani (Callas, appunto!), ma è certo che se a farlo oggi ci saranno nuovi artisti nazionali, allora anche domani i giovani stranieri avranno esempi “attuali” da cogliere. Diversamente, il rischio che si corre è quello di un’irrimediabile perdita dell’intenzione insita nel verbo come nella gestualità, ottenendo di fatto uno svuotamento del contenuto stesso di un capolavoro. Gli studenti italiani di oggi, quindi, quali ambasciatori del futuro dell’Opera nel mondo! Tutto ciò nella speranza che “lo straniero” non se ne abbia a male, identificandosi quale grande escluso, ma al contrario sappia cogliere l’essenza di un’iniziativa di natura didattica che di certo avrà nel tempo l’effetto indiretto di conservare una purezza stilistica da prendere come esempio.

Roberto Cucchi

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