COMO: Ettore Majorana, cronaca di infinite scomparse – 28 settembre 2017

COMO: Ettore Majorana, cronaca di infinite scomparse – 28 settembre 2017

  • 05/10/2017

Opera in n variabili. Musica di Roberto Vetrano. Libretto di Stefano Simone Pintor.

Nuovo allestimento

Opera in prima esecuzione assoluta. Ed. Ricordi, Milano

VINCITORE CONCORSO INTERNAZIONALE OPERA OGGI promosso da OperaLombardia

 

Direttore: Jacopo Rivani

Regia: Stefano Simone Pintor

 

Personaggi e interpreti:

Ettore Majorana: Lucas Moreira Cardoso

Insieme di personaggi α, detto delle “interazioni deboli”

Il barbone: Roberto Capaldo

La cantante: Alessandra Masini

nelle vesti de: la Cantante indi Una Madre
Insieme di personaggi β, detto delle “interazioni forti”

Dio: Pietro Toscano

nelle vesti de: il Generale, il Frate e, infine, Dio stesso

La Fisica: Federica Livi, Monica Tiberia Naghi

nelle vesti de: la Studentessa, la Matriarca e, infine, la Fisica stessa

Insieme di personaggi Y, detto delle “interazioni oscure”

L’Antimajorana: Ugo Tarquini

nelle vesti de: il Comandante, il Fratello e, infine, l’Antimajorana stesso

La particella ombra: Davide Paciolla

Le infinite componenti, coro di voci miste maschili e femminili

nelle vesti de: i Passeggeri, Passanti, Marinai e Portuali, gli Scienziati, i Frati e, infine, gli Infiniti Majorana
Le altre particelle elementari, attori e attrici nelle vesti de: i Passeggeri, Passanti, Marinai e Portuali, gli Scienziati e, infine, gli Infiniti Majorana

 

Scene e costumi: Gregorio Zurla

Luci: Fiammetta Baldiserri

Video: Studio Antimateria

Maestro del Coro: Diego Maccagnola

Coro OperaLombardia

Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano

Coproduzione Teatri di OperaLombardia, Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, Theater Magdeburg e Palau de les Arts Reina Sofía Valencia


È con inevitabile pregiudizio che mi accingo all’opera contemporanea, peraltro in netta contraddizione con il mio stesso pensiero. Ma sono solo quelle che amo definire le “miserie dell’animo umano”. Il pregiudizio nasce dal pensiero che nessuno oggi sia davvero in grado di comporre musiche e scrivere libretti degni di nota, e la contraddizione nel semplice fatto che io stesso sia un accanito sostenitore della necessità assoluta di proporsi al pubblico con qualcosa di nuovo. Almeno, in questo modo, ci metteremmo al riparo dai deturpatori del bello che stanno facendo scempio dei grandi capolavori del passato.

L’opera contemporanea però, a mio avviso, presenta grossi rischi, il primo dei quali di carattere motivazionale. L’ispirazione sembra essere il grande assente del nostro tempo, e mi si perdoni la presa di posizione assoluta, ma senza muse l’artista diviene nel migliore dei casi un buon artigiano.

Domandiamoci quindi cosa manchi davvero, nel nostro tempo, a che gli artisti tornino a far bene il proprio mestiere. Si è soliti pensare che il benessere sia il vero nemico della creatività e che alimenti l’apatia. Altro motivo potrebbe essere l’immensa mole di informazioni con le quali veniamo quotidianamente bombardati e che spesso lasciano storditi, senza il tempo di metabolizzare e riflettere su quanto sta accadendo. La prima cosa che si dovrebbe fare sarebbe quella di spegnere il tivù. Se ciò non bastasse a riaccendere il cervello, il consiglio sarebbe quello di cominciare ad avere maggiore attenzione per i pochi veri fatti di rilevante importanza. Poi si dovrebbero  approfondire le proprie conoscenze in materia, se non altro in merito a quegli argomenti che maggiormente ci colpiscono. Comprendere la realtà ai giorni nostri non è più cosa semplice, ma ugualmente necessaria.

La realtà è cambiata, non occorre sia io a farlo notare. Si vive più tempo all’interno di spazi virtuali che alle prese con il lavoro (ormai virtuale anche quello), con la cucina o con le faccende domestiche. La casa si pulisce con un click sul robot, si cucina (per così dire) con il microonde, si lavora al computer. Non solo le immani fatiche dell’antica lavandaia sono oggi demandate all’elettronica, bensì il dis-piacere di incontrarsi a tu per tu con un cliente del negozio o con il correntista allo sportello della posta. Tutto è affidato a rapporti quantomeno alieni. Ecco che quello che appare come benessere può facilmente essere vissuto come quel malessere interiore che genera l’ispirazione. L’altra musa è l’amore. Quello per una donna sì, ma anche per un argomento!

Come si racconta una storia oggi? Lo sa bene chi, come me, si trova a scrivere, non solo un “pezzo” come questo, ma un romanzo, o un diario… è davvero difficile credere di poter fare qualcosa di nuovo, qualcosa  che possa in qualche modo stupire il lettore, o soltanto interessarlo. Difficile ma non impossibile, e senz’altro c’è riuscito l’autore del libretto dell’opera Ettore Majorana, cronaca di infinite scomparse.

C’è riuscito perché ha avuto il coraggio di affrontare l’argomento con amore, con lo studio non solo della storia di questo immenso genio del secolo scorso, ma anche delle sue teorie in materia di fisica. Lo ha fatto con un approccio del tutto inedito nel mondo dell’opera, applicando nuove regole. Prima fra tutte quella di una vicenda che non si svolge in un periodo convenzionale di tempo lineare, bensì circolare. Un concetto piuttosto difficile da digerire… specie se si entra in sala con l’aspettativa di assistere ad uno spettacolo che racconti una storia, nella fattispecie, un versione della storia di Majorana, e contrariamente alle aspettative ci si ritrova immersi in un loop di eventi sovrapposti in cui il tempo, se esiste, esiste in maniera sovrapposta. Stefano Simone Pintor, autore del libretto e regista, sceglie di non raccontare una versione delle storie sul fisico, ma di raccontarle tutte, sovrapponendo una all’altra, le versioni infinite sulla sua scomparsa. Risultato: lo spettatore si trova immerso in uno spazio metafisico in cui coesistono infinite realtà parallele. Riesce abilmente a coinvolgere lo spettatore grazie anche all’utilizzo della “realtà aumentata”, come le proiezioni che non si limitano ad uno spazio delimitato ma percorrono l’intera sala, o la scena “fisica” che deborda dai limiti del palco sino ad invadere (a scapito degli incassi) le prime file della platea. Riesce bene, mediante geometrie sensate, nel  muovere gli interpreti e il numeroso crescendo di copie del protagonista, per rendere l’idea delle realtà parallele. Sembrerà strano, ma l’autore ha davvero qualcosa da raccontare ed è capace di farlo. Ettore Majorana è, e si troverà finché ricordato, intrappolato in tutte le versioni ipotizzate sulla sua scomparsa. Vive una vita da clochard, si è suicidato, è fuggito in Sud America, si nasconde nelle campagne, si è ritirato a vita monastica (personalmente ho conosciuto una persona pronta a giurare che si trovasse proprio nel monastero di Serra San Bruno, lo stesso dove di per certo ebbe a finire i suoi giorni uno dei piloti dell’Enola Gay, il bombardiere che sganciò l’atomica su Hiroshima). Poco importa quale sia davvero stato il suo reale destino, qui Ettore Majorana, si trova ancora sul ponte della nave Postale Palermo-Napoli dalla quale scomparve, lasciando infinite tracce, tutte ripercorribili. Che fuggisse da stesso, dalla possibile applicazione in campo bellico delle sue ricerche, dai servizi segreti… poco importa (quello che di lui resta non è che una recente sentenza della Magistratura, che in seguito alla trasmissione “chi l’ha visto?” e alle testimonianze ben circostanziate di un emigrato italiano, lo ha dato per deceduto in Venezuela).

 Non meno importante l’aspetto della composizione musicale ad opera di Roberto Vetrano, senz’ombra di dubbio “attuale”, ma questo ci dice poco. Quel che a mio avviso più ci importa è che risponde perfettamente alla trama, all’atmosfera che si è voluta creare attorno al personaggio, al suo stato d’animo. Condizione psichica nella quale ci si trova quasi immediatamente coinvolti. Detto questo, ritengo inutile qualsiasi altra speculazione su orchestrazione, tessitura, ecc.

Non di meno vanno però annotate le lampanti contaminazioni provenienti dal mondo della cinematografia. La domanda sarebbe se volutamente… ma se anche inconsapevolmente, ciò non farebbe che confermare l’assoluta contemporaneità di quello che oserei definire un capolavoro.

Ottime anche le luci di Fiammetta Baldiserri e le proiezioni di Studio Antimateria (studi, quelli sull’antimateria, che ebbe a compiere proprio il noto fisico e che di recente hanno impegnato le meglio menti del pianeta, con le non poche preoccupazioni da parte di una falange del mondo scientifico sulle possibili conseguenze. Oggetto alla base di uno dei romanzi più venduti al mondo, Angeli e Demoni di Dan Brown… e chissà che Majorana non fosse suo malgrado in possesso di quelle risposte che da quasi un secolo si stanno cercando, e che non fosse proprio questo il motivo alla radice della sua scomparsa…), che come già detto contribuiscono notevolmente alla riuscita dello spettacolo. Belli anche i costumi anni ’30 e le scene ad opera di Gregorio Zuria. Simpatica anche l’idea di ricevere il pubblico vestendo le maschere da personale di bordo della nave  e far si che distribuissero una copia del biglietto, augurando buon viaggio. Palchi come fossero cabine.

 Delle voci impegnate, difficile dare un giudizio di carattere tecnico in uno spettacolo che di lirico ha ben poco. Vi sono, infatti, interventi parlati, letture degli scritti originali dello scienziato e piccole parti cantate da solisti e dal coro. Un mix piacevole, ma che non permette di dare una valutazione oggettiva, se non per qualche eccezione, come la ninna nanna finale in dialetto siciliano o l’aria “America” interpretate dal mezzosoprano Alessandra Masini con buon gusto e ottima attorialità nel doppio ruolo della Cantante e di Una madre. Bene nel ruolo del protagonista, Ettore Majorana, il baritono Lucas Moreira Cardoso (bello l’espediente di presentarsi agli applausi insieme con uno dei suoi cloni –se così possiamo definirli- col quale litiga e che poi, riconosciuto quale “falso interprete”, viene accompagnato fuori dalla polizia). Di notevole impatto l’intervento di Roberto Capaldo valente interprete nei panni del Barbone antiprogressista. Nei panni del Frate, del Generale e di Dio abbiamo un ottimo basso, Pietro Toscano; in quelli della Studentessa, della Matriarca e, infine, della Fisica stessa, Federica Livi (e la brava Monica Tiberia Naghi, cast alternativo, che ho potuto apprezzare solo in sessione di prove); Ugo Tarquini nelle vesti del Comandante, del Fratello e, infine, l’Antimajorana; La particella ombra, Davide Paciolla… tutti bravi e ben assortiti.

Bene anche “Le infinite componenti, coro (OperaLombardia) di voci miste maschili e femminili nelle vesti de: i Passeggeri, Passanti, Marinai e Portuali, gli Scienziati, i Frati e, infine, gli Infiniti Majorana. Le altre particelle elementari, attori e attrici nelle vesti de: i Passeggeri, Passanti, Marinai e Portuali, gli Scienziati e, infine, gli Infiniti Majorana” istruiti dal Maestro del Coro Diego Maccagnola.

Per finire, un plauso all’ Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano oltre che al buon direttore Jacopo Rivani, che personalmente ho già avuto il piacere di apprezzare in sede comense nell’Elisir d’amore e nel Nabucco.

Va detto che come spesso accade in caso di produzioni d’opera cosiddette rare, meglio sarebbe dire raramente rappresentate, opere nuove o contemporanee, agli artisti viene richiesto lo sforzo talvolta enorme di studiare e mettere a punto il ruolo per una, o nel migliore dei casi due sole rappresentazioni. In questo caso, e vorrei dire anche meritatamente, il titolo verrà riproposto nei diversi teatri lombardi e non soltanto. Tutto questo accadrà grazie alla “messa in concorso” della coraggiosa coproduzione da parte dei Teatri di OperaLombardia, Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, Theater Magdeburg e Palau de les Arts Reina Sofía Valencia.

Si torna a fare cultura?

Roberto Cucchi

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