TEATRO ALLA SCALA: Don Giovanni – Wolfgang Amadeus Mozart, 31 marzo 2022 a cura di Nicola Salmoiraghi

TEATRO ALLA SCALA: Don Giovanni – Wolfgang Amadeus Mozart, 31 marzo 2022 a cura di Nicola Salmoiraghi

  • 01/04/2022

DON GIOVANNI

Wolfgang Amadeus Mozart

Opera lirica in due atti

Libretto di Lorenzo Da Ponte

Copyright ed edizione: Alkor/Bärenreiter, Kassel

Rappresentante per l’Italia: Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano

Produzione Teatro alla Scala

 


Direttore Pablo Heras-Casado
Regia Robert Carsen

Personaggi e Interpreti:

  • Don Giovanni Christopher Maltman
  • Commendatore Günther Groissböck 
  • Donna Anna Hanna-Elisabeth Müller
  • Don Ottavio Bernard Richter
  • Donna Elvira Emily D’Angelo
  • Leporello Alex Esposito
  • Zerlina Andrea Carroll
  • Masetto Fabio Capitanucci

Scene Michael Levine

Costumi Brigitte Reiffenstuel

Luci Robert Carsen e Peter Van Praet

Coreografia Philippe Giraudeau

Maestro del Coro Alberto Malazzi

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Teatro alla Scala, 31 marzo 2022


Don Giovanni di Mozart-Da Ponte è tornato alla Scala nel bellissimo allestimento firmato da Robert Carsen che inaugurò la Stagione 2011/2012, per essere poi riproposto nel 2017. Lo spettacolo (scene di Michael Levine, costumi di Brigitte Reiffenstuel, luci dello stesso Carsen con Peter  van Praet, coreografia di Philippe Giradeau) ha confermato, se non amplificato, la sua grande forza teatrale. In un continuo rimando tra finzione scenica e realtà, mentre il Piermarini con il suo sipario, i suoi palchi, le sue quinte, viene duplicato, triplicato, quadruplicato in un’inesausta fuga prospettica, Don Giovanni è il grande demiurgo, il “capocomico” che ci trascina, spettatori, complici e vittime, nel suo gioco, di cui nasconde sempre l’asso nella manica. Il palcoscenico a vista, il finto sipario che, strappato all’inizio nasconde uno specchio “liquido” e deformante che ci riflette, seduce e inghiotte, è l’arena in cui non esistono tempo o realtà, la contemporaneità si intreccia allo scarlatto Settecento di maniera del festino del Seduttore.

Don Giovanni Robert Carsen: Emily D’Angelo, Christopher Maltman, Alex Esposito, photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

I protagonisti dell’opera sono di volta in volta artefici della vicenda e attori manovrati dal Don, che ne è il vero e prorio burattinaio e assiste alle loro smanie come ad una commedia distorta, della quale noi stessi, in un progressivo disvelarsi di scatole cinesi, diventiamo i meccanismi del suo ingranaggio. Non ci sono travestimenti, non ci possono essere inganni; nell’ambiguo gioco dell’eros tutti sanno perfettamente con chi fanno l’amore, fingendo di non saperlo. Le nostre menzogne borghesi si accendono e spengono nel baluginare di un fiammella che dà fuoco a una sigaretta. Per cui probabilmente ci meritiamo, come i membri del “moralistico” sestetto finale, di finire a nostra volta risucchiati dai fumi dell’abisso, in cui ci spedisce il Grande Impenitente, non realmente trapassato, ma autore dell’ultima atroce, irridente beffa. Teatro a livelli sublimi.

Don Giovanni Robert Carsen: Fabio Capitanucci, Andrea Carroll. photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Non altrettanto sublime è stata la lettura musicale, a capo della pur concentrattissima Orchestra scaligera, del Maesto Pablo Heras-Casado. Pulizia di suono, certo, attenzione al palcoscenico, certo, suoni di ricercate tasparenze e secchezze di matrice vetero-barocca (questa moda, che personalmente sul repertorio mozartiano e financo rossiniano ha abbastanza stancato, è, per quanto mi riguarda, ormai “vetero”…), ma non una vera linea interpretativa, nulla che dica qualcosa di nuovo. Aurea professionalità, impeccabilmente inamidata e un poco noiosa.

Don Giovanni Robert Carsen: Christopher Maltman, Andrea Carroll. photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Sul palcoscenico ha dominato la mercuriale personalità vocale e artistica di Alex Esposito (Leporello). Il basso veste ormai questo personaggio come una seconda pelle, eppure ogni volta riesce a sviscerarne nuovi fraseggi, accenti, intenzioni inedite, come è tipico appunto degli artisti di livello superiore, che non si adagiano sul già raggiunto ma continuano ad approfondire. La voce  è ampia, tornita, timbrata, appoggiata costantemente sul fiato. Il “Catalogo” è stato il capo d’opera della serata, interrotto a metà dagli applausi. Intemperanti forse, ma tant’è, l’interprete trascina…

Un poco di delusione è venuta dal protagonista, Christopher Maltman. Il cantante è ottimo e di gran classe (nella “Serenata” qualche sfumatura in più non avrebbe però guastato); l’attore lo ricordavo grintoso e seducente, qui è apparso appannato e non sufficientemente carismatico, soprattutto per il ruolo e il peso che la regia gli affida.

Don Giovanni Robert Carsen: Christopher Maltman, Andrea Carroll photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Ottimo il brillante e umano Masetto di Fabio Capitanucci; piuttosto bene ma non benissimo Bernard Richter, voce tenorile di grana non particolarmente preziosa e sin troppo teso a semplificare le colorature de “Il mio tesoro intanto”; tonitruante e dall’intonazione a corrente alternata il Commendatore di Günther Groissböck.

Hanna-Elisabeth Müller possiede sicuramente personalità, sia vocale che scenica, come ha diomostrato in un temperamentoso “Or sai chi l’onore”, ma le asprezze in acuto non mancano, e più problematica è stata la resa di “Non mi dir bell’idol mio”.

Don Giovanni Robert Carsen: Christopher Maltman, Alex Esposito. photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Emily D’Angelo (Donna Elvira) non mi ha convinto. Voce mezzosopranile senza dubbio di spessore, in quanto a volume, ma dall’emissione sin troppo gutturale e con una dizione a volte arruffata.

La puntuta Andrea Carroll (Zerlina) ha avuto risultato migliore in “Vedrai carino” (maggiormente morbido) che in “Batti batti bel Masetto”.

Bene il Coro preparato da Alberto Malazzi. L’efficace basso continuo era assicurato da Paolo Spadaro Munitto (fortepiano) e Simone Groppo (violoncello).

Teatro pieno e grande successo, soprattutto acceso per Esposito e Maltman. Qualche dissenso per Heras-Casado e Hanna-Elisabeth  Müller.

 

Nicola Salmoiraghi

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