TEATRO ALLA SCALA: CAPPELLA MEDITERRANEA con SONYA YONCHEVA, 18 novembre 2021 a cura di Nicola Salmoiraghi

TEATRO ALLA SCALA: CAPPELLA MEDITERRANEA con SONYA YONCHEVA, 18 novembre 2021 a cura di Nicola Salmoiraghi

  • 19/11/2021

Stagione 2020-2021 – Concerti Straordinari

CAPPELLA MEDITERRANEA

 

Direttore Leonardo García Alarcón
Organo e clavicembalo Leonardo García Alarcón
Soprano Sonya Yoncheva

Sonya Yoncheva – photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

PROGRAMMA

Alessandro Stradella da oratorio San Giovanni Battista Queste lagrime e sospiri

Claudio Monteverdi da Scherzi Musicali O rosetta, che rosetta

Francesco Cavalli da Il Xerse Luci mie, che miraste

Antonio Caldara da Suonate da camera a due violini, con il basso continuo op. 2 Ciaccona in si bem. magg. n.12

Orlando Gibbons The Silver Swan (arr. Quito Gato)

Claudio Monteverdi da Voglio di vita uscir – Madrigale per voce sola e basso continuo SV 337 S’apre la tomba

Lucas Ruiz De Ribayaz Jácara por primer tono (arr. Quito Gato)

José Marín Ojos, pues me desdeñáis (arr. Quito Gato)

Henry Purcell da Dido and Aeneas Z. 626 Thy hand Belinda… When I am laid in earth With drooping wings ye Cupids come

Anonimo Zableiano mi agunce – Pièce bulgare (arr. Quito Gato)

Francesco Cavalli da L’Egisto Prologo Sinfonia de “La Notte”

Claudio Monteverdi da L’incoronazione di Poppea SV 308 Adagiati, Poppea – Oblivion soave

Santiago De Murcia / Diego Fernández De Huete Tarantela

John Dowland Come again, sweet love doth now invite (arr. Quito Gato)

Simón Díaz Pasaje del olvido (arr. Quito Gato)

Anonimo No hay que decirle el primor (arr. Quito Gato)

Teatro alla Scala, 18 novembre 2021


Tempo di barocco alla Scala. Dopo il successo de La Calisto e in attesa di Theodora, ecco un raffinatissimo recital di Sonya Yoncheva accompagnata dalla Cappella Mediterranea, interamente dedicato al repertorio secentesco.
La Cappella Mediterranea è stata fondata da Leonardo Garcia Alarcón, che ne è Direttore e suona all’organo e clavicembalo. Proprio Alarcón è stato il grande assente della serata. Come annunciato dalla stessa Yoncheva prima di interpretare “Y a tu plantas, Nisea”, brano di Alarcón medesimo, che ha composto il terzo atto de El Prometeo di Antonio Draghi (1699), rimasto incompleto, per il primo allestimento del lavoro in epoca moderna, “Il Maestro Alarcón  avrebbe desiderato con tutto il cuore tenere questo concerto alla Scala, ma purtroppo non gli è stato possibile e gli dedichiamo questo brano”. Null’altro è dato sapere.

soprano Sonya Yoncheva

Il suo posto è stato preso da una bravissima strumentista dell’Ensemble (in tutto nove gli elementi, più Alarcón) e il complesso, che si avvale di strumenti d’epoca, ha suonato da padreterno. Molti i brani strumentali,  in alternanza a quelli cantati, di Monteverdi, Caldara, Ruiz de Ribayaz, Cavalli, de Murcia e de Huete, Díaz. Il suono è sempre terso, armonioso, dialogante con gli affetti di chi ascolta. Un’epoca ci viene restituita come non fosse trascorso nemmeno un giorno, ciò che arriva da quattro secoli fa sembra scritto oggi. E ancor più se ne ha la misura nei brani cantati in cui seduzione, abbandono, struggimento, languore si fanno eterni e ci guardano negli occhi (anche questa volta, come per La Calisto, moltissimi i giovani in sala, evidentemente gli ardori e i tormenti del barocco fanno da specchio, ieri  come oggi, alla più verde età).

Sonya Yoncheva – photo Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Ed è qui che entra in gioco la grandissima classe d’interprete di Sonya Yoncheva. Siamo ormai abituati ad ascoltare il soprano nei ruoli più impegnativi del repertorio, da Norma ai personaggi più veementi del Verismo e affini (alla Scala, nella stagione che verrà, sarà Gioconda e Fedora), per cui apprezzarla in questa scrittura totalmente diversa è stata la prova di cosa possano l’intelligenza e la tecnica di un’artista.

soprano Sonya Yoncheva

Una bella voce sopranile, piena, risonante quella della Yoncheva, piegata e modulata alle più soavi dolcezze e rapiti incantamenti dei brani affrontati, sospiri di malinconia uniti alla sensualità carnale dei più infuocati, seppur segreti, accenti. Molti i vertici raggiunti dal soprano bulgaro durante il concerto: tra gli altri un “When i am laid in earth” da Dido and Aneas di Purcell intenso e palpitante, un’“Oblivion soave” dall’Incoronazione di Poppea di Monteverdi cullante e di sottile, ferita sospensione nel sogno, un malinconicamente inquieto “Ojos, pues me desdeñáis” di José Marín, uno sfrontato “No hay que decirle el primor” di Tomás de Torrejón y Velasco, e poi ancora “Luci mie, che miraste” da Il Xerse di Cavalli, “Quante lagrime e sospiri” dal San Giovanni Battista di Stradella. Sonya Yoncheva ha poi letteralmente incantato il pubblico con una magnifica esecuzione tutta a mezzavoce e in pianissmo, dal colore quasi incorporeo ed evocatore, di un antico canto popolare bulgaro “Zableiano mi agunce/Ho visto un agnello” e con un’interpretazione magistrale e toccante della bellissima “Come again, sweet love” di John Dowland (A.D. 1597), che, riproposta come bis in una versione intima accompagnata dal solo arciliuto, ha dato il modo di ricordare al soprano “come la semplicità e la bellezza della musica avvicini i secoli”. Di questo brano infatti esiste anche una suggestiva versione cantata da Sting.

Grande musica per una grande cantante e un magnifico gruppo di esecutori. Una di quelle serate in cui si esce da teatro sentendosi arricchiti.

Nicola Salmoiraghi

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