REGGIO CALABRIA: La traviata, 21 settembre 2018

REGGIO CALABRIA: La traviata, 21 settembre 2018

  • 25/09/2018

LA TRAVIATA

Giuseppe Verdi

direttore: Manuela Ranno

regia: Andrea Merli

Personaggi e Interpreti:

  • Violetta Valery Laura Giordano
  • Alfredo Germont Giuseppe Talamo
  • Giorgio Germont Salvatore Grigoli
  • Annina Ilenia Morabito
  • Flora Bervoix Gabriella Grassi
  • Giuseppe Stefano Tanzillo
  • Barone Douphol Alessio Gatto Goldstein
  • Marchese D’Obigny Demetrio Marini
  • Dottor Grenvil Giuseppe Zema

costumi Artemio Gabassi

Coro e Orchestra del Teatro Francesco Cilea

maestro del coro Bruno Tirotta

 


Ad aprire la ricca stagione offerta dal “Rhegium Opera Musica Festival, direttori artistici Domenico Gatto e Renato Bonajuto, che prevede ben tre appuntamenti operistici tra cui Norma e Don Giovanni, La traviata che mancava dal palcoscenico del Teatro Comunale Francesco Cilea da ben quindici anni.

Uno spettacolo nel solco della più consolidata tradizione, seppure posdatato alla Belle Epoque, merito dei preziosi costumi firmati da Artemio Cabassi, e ai tempi dello stile Liberty, grazie alla regia di Andrea Merli, noto corrispondente di diverse testate nonché celebre per essere “l’impiccione viaggiatore” de La Barcaccia, la popolare trasmissione di RAI Radio 3, che ripete così il successo della precedente Vedova allegra, firmata a quattro mani con Renato Bonajuto.

Una scena essenziale, quasi minimalista, ma curata nel dettaglio della ricca attrezzeria, incorniciata da ampi tendaggi di colore diverso a seconda delle scene e delle suggestive proiezioni sul fondale, oltre una balaustra ed un praticabile. L’azione si svolge con precisione didascalica e anche con alcuni guizzi, come ad esempio quello in apertura di un pittore che ritrae una modella nuda nel salotto di Violetta e che si rivela, all’occhio indagatore come il regista stesso in un cameo alla Hitchcock. Spessore inusitato quello riservato ad Annina, una governante giustamente intrufolona e preoccupata del “serio amore” che ispira la padrona, ma che si rivelerà economicamente disastroso. Per il resto, si punta sull’umanità dei personaggi e, soprattutto sul fatto che la cortigiana risulta essere, nella pur ricca galleria dei personaggi del melodramma romantico, l’ultima eroina che si sacrifica per amore e che nella rinuncia trova la via per la redenzione dell’anima.

Con il supporto dell’ottimo Coro Lirico Francesco Cilea, istruito dal M° Bruno Tirotta e della precisa Orchestra del Teatro Francesco Cilea, Manuela Ranno, giovane direttore d’orchestra che si sta imponendo nel panorama italiano, ha tenuto le redini dello spettacolo con vigore e l’incalzare dei tempi, trovando sempre il giusto respiro lirico e poetico nei larghi cantabili, sostenendo in maniera ideale il palcoscenico.

Violetta Valery, a sostituire la collega prevista in un primo tempo, è stata in extremis Laura Giordano che ha deciso coraggiosamente di debuttare un ruolo lungamente accarezzato ed assai ben preparato. Del resto, come ebbe a dire il compianto M° Rinaldi: “La Traviata nun se studia, se sa”. Un ruolo che le calza a meraviglia già a questa prima prova, laddove alla musicalità adamantina si somma una vocalità svettante e sicura, un timbro privilegiato e solare, un temperamento innato ed una forza interiore davvero superlativa, commovente tanto nella esposizione del bellissimo duetto con Giorgio Germont nella prima scena del secondo atto, quanto nello struggente finale, laddove la frase “Se una pudica vergine” ha assunto il tono della fervida preghiera. Giustamente festeggiata dopo il saettante Mi bemolle conclusivo della cadenza della cabaletta al primo atto, alla ribalta finale, prima da sola e poi con tutta la compagnia, è stata accolta da un meritato trionfo.

Al suo fianco il tenore napoletano Giuseppe Talamo, che di Alfredo è il ritratto vivente per impeto e presenza scenica, adattissimo al ruolo dell’impulsivo innamorato. Pur non possedendo un timbro di particolare bellezza, la voce è duttile e facile all’acuto, per esempio il Do fuori ordinanza che ha chiuso la cabaletta “Oh mio rimorso o infamia”, tenuto con arrogante baldanza. Di lui piace la capacità di cantare piano, di colorire le frasi, di essere vario nell’accento ed incisivo nel fraseggio. In definitiva, di dare spessore ad un personaggio spesso ridotto alle dimensioni di un sempliciotto quasi fosse Nemorino. Anche per lui un franco successo.

Successo che ha accolto pure il Papà Germont interpretato da Salvatore Grigoli, ormai un beniamino sulle scene reggine. Pure lui al debutto, ha dimostrato di possedere oltre che la robusta vocalità adatta ai ruoli verdiani, lo spessore interpretativo per conferire un’enfasi quasi ieratica alle perorazioni, quanto l’affetto paterno che dispensa sia al figlio ribelle che alla redenta cortigiana. La sua fatidica aria “Di Provenza” ha suscitato l’entusiasmo del pubblico.

Perfettamente in parte il resto del cast, iniziando dalla premurosa Annina dal timbro gentile del soprano Ilenia Morabito, giustamente preoccupata del precario futuro della padrona e continuando con la focosa Flora Bervoix del mezzosoprano Gabriella Grassi, imponente in scena. Il tenore Stefano Tanzillo è stato un puntuale giardiniere Giuseppe ed un vispo torero nei panni di Gastone, il viscontino. Assai bene il Barone Douphol del baritono Alessio Gatto Goldstein, molto convincente il Marchese D’Obigny del baritono Demetrio Marini, cui è toccato, assieme al bel tenebroso basso Giuseppe Zema Dottor Grenvil, sturare le bottiglie di champagne prima del brindisi. Manca all’appello il Commissionario, nella sua fugace apparizione: Marcello Siclari.

Le ripetute chiamate alla ribalta hanno coinvolto pure i ballerini, capeggiati da Sofia Lavinia Amisich che ne ha curato la coreografia partecipando come solista, con il ballerino Francesco Rodilosso, al passo a due nel secondo atto.

la Redazione

 

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