LONDRA: Attila – Cavalleria rusticana e Pagliacci, 19-20 luglio 2022 a cura di Jorge Binaghi

LONDRA: Attila – Cavalleria rusticana e Pagliacci, 19-20 luglio 2022 a cura di Jorge Binaghi

  • 24/07/2022

ATTILA

(in forma di concerto)

Giuseppe Verdi

su libretto di Temistocle Solera

tratto dalla tragedia Attila, König der Hunnen di Zacharias Werner

 

Direzione d’orchestra Speranza Scappucci
Personaggi e Intepreti:
  • Attila Ildar Abdrazakov
  • Ezio Simon Keenlyside
  • Odabella Maria José Siri
  • Foresto Stefan Pop
  • Uldino Egor Zhuravsky
Orchestra of the Royal Opera House

Coro Royal Opera Chorus

 

Covent Garden Royal Opera House, 19 luglio 2022


In mezzo a un’ondata di caldo assolutamente storica la Royal Opera House (meglio nota a tutti come Covent Garden) di Londra si avviava alla fine della stagione. Tra i titoli più rari e meno frequentati, ecco quest’Attila con solo due recite e in forma di concerto. Colpito il titolo, come altri, dalla sempre dilagante pandemia, della compagnia iniziale rimanevano solo le voci gravi principali e la direzione di orchestra.

Attila – Royal Opera House

Non sarà questo, forse, uno dei “capolavori” verdiani ma ha una grande efficacia drammatica, un’invenzione melodica e una stringatezza che già vorrebbero capolavori di altri compositori. Speranza Scappucci, che l’aveva diretta con grande successo al suo debutto al Liceu di Barcellona, portava le redini anche qui e l’è stato decretato un vero trionfo. Stranamente, a mio parere, con una compagine orchestrale di prima grandezza e un coro ottimo (preparato da William Spaulding), i risultati erano molto meno interessanti.

Forse la stessa magnificenza del suono ha fatto che il/la maestro/a (non apriamo adesso dibattiti inutili) si sentisse portata a un “forte” quasi perpetuo ed uniforme mettendo un po’ in difficoltà anche il Coro, e i momenti più lirici (vedi l’introduzione del quadro finale del prologo o il canto delle sacerdotesse druide) lo erano poco e, nell’ultimo caso menzionato, un po’ pesanti.

Attila – Royal Opera House

Ildar Abdrazakov sembra oggi il successore di Samuel Ramey nei panni del protagonista. Se all’inizio il grave non pareva del tutto a fuoco e qualche acuto estremo cambiava di colore, già dopo il prologo lo si vedeva padronissimo della parte con un – ovvio – trionfo dopo la scena del sogno (aggiungiamo qui che tutte le cabalette venivano eseguite due volte ma con pochissime variazioni).Come interpreti solo lui e l’immenso Simon Keenlyside erano in grado di renderci dei personaggi e quindi il momento di maggior impatto teatrale era il loro grande duetto del prologo (Keenlyside lo cantava in modo di far sentire già il futuro Posa del Don Carlo con un “imbelle” da brivido). Il baritono faceva (ch’io ricordi) la sua prima incursione nel primo Verdi e se Ezio non gli è tagliato su misura (apriva i gravi particolarmente quando finivano in vocali) ha dato una prova – se ancora ci voleva – della sua versatilità, della sua grande tecnica, e il colore oggi è più scuro e quindi più adatto alla parte (la meravigliosa frase – in un personaggio a dir poco “ambiguo”- “avrai tu l’universo/resti l’Italia a me” risuonava in tutta la sua bellezza).

Attila – Royal Opera House

María José Siri ha dalla sua un acuto saldo (ma metallico). Ma Odabella richiede altro: le agilità non erano un modello di precisione, il grave era inesistente o debole e di scarsa qualità, e, sorpresa, l’è venuta meglio l’aria di sortita che non quella, difficilissima, del primo atto  (“Oh del fuggente nuvolo”) che in teoria un soprano lirico com’era la cantante in origine potrebbe sfruttare  con le mezzevoci e i piani (invece qui pochi e non pregevoli per non parlare di un trillo assente).

Attila – Royal Opera House

Stefan Pop era un Foresto di bel timbro e basta.

I due ruoli secondari erano interessanti: il tenore Egor Zhuravskii (Uldino) e il basso Alexander Köpeczi – un po’ ingolato – che qui cantava la parte di “Leone, un generale romano”: guardate qualità ch’io non sapea, come direbbe la mozartiana Contessa. Forse è arrivato a questo punto il politicamente corretto, o si avrà avuto paura che il Santo Padre o la Santa Sede protestassero? Ma va’..


CAVALLERIA RUSTICANA

e

PAGLIACCI

 

CAVALLERIA RUSTICANA

opera in un unico atto di Pietro Mascagni

su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci

tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga

 

Direzione d’orchestra Antonio Pappano
Regia Damiano Michieletto

Personaggi e Interpreti:

  • Santuzza Aleksandra Kurzak
  • Turiddu Seokjong Baek
  • Lucia Elena Zilio
  • Alfio Dimitri Platanias
  • Lola Aigul Akhmetshina

Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Alessandro Carletti

Orchestra of the Royal Opera House
Coro Royal Opera Chorus

PAGLIACCI

opera lirica in due atti su libretto e musica

di Ruggero Leoncavallo

 

Direzione d’orchestra Antonio Pappano
Regia Damiano Michieletto

Personaggi e interpreti:

  • Canio Marco Berti
  • Tonio Dimitri Platanias
  • Nedda Aleksandra Kurzak
  • Silvio Mattia Olivieri
  • Beppe Egor Zhuravsky

Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Alessandro Carletti

Orchestra of the Royal Opera House
Coro Royal Opera Chorus

Covent Garden Royal Opera House, 20 luglio 2022


Il giorno dopo l’Attila era l’ultima replica del premiato allestimento per la regia di Damiano Michieletto di quella coppia sempre in felice conubio, Cavalleria rusticana e Pagliacci. Questa produzione è diventata ormai un classico (ho avuto modo di vederla al Liceu di Barcellona) e se qualche “attualizzazione” mi sembra sempre un po’ tirata per i capelli soprattutto quando il testo “stride” (“il cavallo scalpita” e il suo carrettiere difficilmente – per la musica in primo luogo – può diventare un macchinone), la risoluzione dei cori (sempre pericolosi e troppo “oleografici”) ma soprattutto l’articolazione delle due opere in un solo pezzo teatrale chiaramente meritano l’Olivier Award. Anche perché i personaggi passano dall’una all’altra, ed ecco all’intermezzo di Cavalleria l’incontro “definitivo” di Nedda e Silvio mentre in quello di Pagliacci si vede una Santuzza incinta che così viene perdonata e accolta da Mamma Lucia. Ma la cosa più interessante è come, se c’è un artista adatto, Silvio diventi un personaggio a tutto tondo. Muto per forza di cose in Cavalleria questo fornaio bonario finalmente s’innamora…di chi “non dovrebbe” e le conseguenze arrivano fatalmente in Pagliacci. Come sempre, io a Barcellona questo l’avevo capito e mi era sembrato una buona idea, ma non mi ero reso conto bene della forza che può avere quando l’interprete ci crede e ce la mette tutta. Ebbene, il debutto di Mattia Olivieri alla ROH è stato un grande successo per il giovane baritono anche per questo (due volte il pubblico rideva e sorrideva compiaciuto in Cavalleria). Poi naturalmente Silvio è una parte che ha cantato parecchio e sempre bene, ma, segno di crescita e magari anche della mano di un grande maestro quale Pappano, ha trovato modi di dire le frasi incredibili, come quel “rimani” da vero brivido nel duetto con Nedda..

Cavalleria Rusticana/Pagliacci – Royal Opera House Photo©Tristram Kenton

E il maestro Pappano… se posso fargli un complimento forse per qualcuno “strano” devo dire che dall’epoca del grande Bruno Bartoletti non sentivo così queste opere: il tono giusto, né troppo esasperato, né troppo miele, né troppo forte, né troppo agitato. Io non so se questi due titoli così amati sono davvero dei capolavori, ma quando li si tratta come tali, cioè quando ci si crede davvero… L’Orchestra – manco a dire in forma smagliante – lo seguiva in ogni sfumatura e l’ottimo Coro si faceva onore (e in quest’occasione sì che si capiva ogni parola).

Poi queste recite entreranno sicuramente nel Guiness delle cancellazioni e sostituzioni. Anita Rachvelishvili, presente alle prime prove, ha lasciato la produzione ed è subentrata Aleksandra Kurzak. Jonas Kaufmann, che doveva essere Turiddu e Canio, si è trovato male con gli effetti secondari del virus e ha deciso di cancellare Pagliacci e un paio di recite di Cavalleria (veramente si tratta di un virus molto strano), ma ha finito per cancellare tutto.

Cavalleria Rusticana/Pagliacci – Royal Opera House Photo©Tristram Kenton

Come Turiddu era pronto l’ultimo Sansone della ROH, Seokjong Baek (in forma molto più interessante che nei suoi interventi ai concorsi Viñas e Caruso di Napoli, dove ebbi modo di sentirlo). Ma per Canio…si è trovato Fabio Sartori, a sua volta ammalatosi, e visto che nel frattempo anche Ermonela Jaho si è ammalata, Aleksandra Kurzak faceva anche Nedda ed è arrivato per tre recite Roberto Alagna. Per le altre, visto che Sartori non si riprendeva, ecco Marco Berti. Credo utile spiegare tutto questo perché c’era il pericolo di un grande pasticcio e invece tutto sembrava concepito così dall’inizio. E il trionfo per tutti era enorme (c’erano pochi posti liberi, contrariamente a quanto accaduto per Attila). Diciamo prima dei “rimasti” dall’inizio. Oltre a Olivieri, Dimitri Platanias per Alfio e Tonio. Non lo sentivo da un pezzo e ho trovato un’emissione che ha adesso momenti più fissi in acuto e suoni più ‘indietro’ nei gravi. Artista competente ma alquanto generico.

Cavalleria Rusticana/Pagliacci – Royal Opera House Photo©Tristram Kenton

Elena Zilio è nota per la sua longevità vocale e per i suoi ruoli “specializzati”, forse quello di Mamma Lucia più di ogni altro. Niente da dire ma forse ha preso parte a troppe riprese di quest’allestimento e in alcuni momenti mi risultava chiaramente sopra le righe (in particolare l’inizio di Cavalleria dove trova il corpo del figlio trucidato, ma anche in altri momenti). Bene, con materiale vocale davvero buono, la Lola di Aigul Akhmetshina, che poi aveva il fisico giusto per la parte. Baek ha fatto bene, con timbro parecchio nobile e interpretato con molta partecipazione.

Cavalleria Rusticana/Pagliacci – Royal Opera House Photo©Tristram Kenton

La sorpresa più grande veniva da Aleksandra Kurzak. In origine un lirico-leggero che -come tante altre – è andata verso repertori più spinti, non solo ha cantato Nedda molto meglio che a Barcellona (se non cercasse di fare un “lurido” francamente brutto…) ma soprattutto è stata una Santuzza credibile con una voce che in partenza non è adatta al ruolo. E certamente quando usa un registro grave artefatto le cose non vanno bene, ma riesce – anche senza un centro di peso – con le mezzevoci e gli acuti a tracciare un personaggio di tutto rispetto e credibile. E poi l’attrice è brava.

Corretto il Beppe di Egor Zhuravskii. E il Canio di Marco Berti? Molto applaudito, come del resto tutti gli altri, ma come al solito stentoreo dalla prima all’ultima nota (qualcuna crescente) e un’intonazione non sempre ineccepibile più una recitazione di altri tempi. Il timbro è sì bello, oggi un po’ più metallico di prima, ma per chi questo scrive per niente un grande protagonista.

Jorge Binaghi

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