FERRARA: Rigoletto – Giuseppe Verdi, 16 aprile 2023 a cura di Matteo Cucchi

FERRARA: Rigoletto – Giuseppe Verdi, 16 aprile 2023 a cura di Matteo Cucchi

  • 26/04/2023

Giuseppe Verdi

RIGOLETTO

(Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave)

Direttore Gaetano Lo Coco

Regia Leo Nucci

Regista collaboratore Salvo Piro

Personaggi e Interpreti:

  • Il Duca di Mantova Marco Ciaponi
  • Rigoletto Amartuvshin Enkhbat
  • Gilda Federica Guida
  • Sparafucile Christian Barone
  • Maddalena Rossana Rinaldi
  • Giovanna Elena Borin
  • Il conte di Monterone William Allione
  • Marullo Stefano Marchisio
  • Matteo Borsa Marcello Nardis
  • Il conte di Ceprano Juliusz Loranzi
  • La contessa di Ceprano Emanuela Sgarlata
  • Un usciere Lorenzo Sivelli
  • Un paggio Agnes Sipos

 

Orchestra: Orchestra Filarmonica Italiana

Coro: Coro del Teatro Municipale di Piacenza

Maestro del Coro Corrado Casati

 Scene Carlo Centolavigna

Costumi Artemio Cabassi

 Luci Michele Cremona

Coproduzione: Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Teatro Teatro Comunale di Ferrara

 

Teatro Comunale di Ferrara, 16 aprile 2023


Foto © Gianni Cravedi

Il Teatro Comunale di Ferrara anche quest’anno porta sul palcoscenico un’opera di Giuseppe Verdi. È la volta del Rigoletto basato sul libretto di Francesco Maria Piave (già librettista dell’Ernani, portato a Ferrara lo scorso anno) a sua volta ispirato al dramma di Victor Hugo, “il re si diverte” (edito in Italia dalla Garzanti, ancora una volta insieme all’Ernani). Rigoletto è un’opera complessa nei contenuti e nei personaggi e nella quale non manca certo una morale (come lo stesso Verdi scriveva a Piave) esaltata da uno dei topos più ricorrenti della tragedia dalla Grecia a Shakespeare fino al romanticismo: la maledizione. Una maledizione che colpisce il buffone della corte mantovana dopo che questi ha deriso un padre la cui figlia è stata disonorata dal Duca presso il quale egli stesso presta servizio. La maledizione è appunto il perno attorno al quale ruota l’intera vicenda e che porterà Rigoletto a vedere la sua figlioletta Gilda disonorata anch’essa dal Duca di Mantova. Si fa largo a questo punto la vendetta, un altro dei grandi topos narrativi della tragedia. Una vendetta che però non riuscirà a compiersi lasciando da una parte incolume il libertino nobile mantovano e dall’altra privato dell’unico suo bene il buffone di corte. Vi è certamente un’implicita nota di astio nei confronti dei detentori del potere da parte di Verdi così come vi era nel dramma originario di Hugo. Non per nulla l’opera verdiana è stata oggetto di censura da parte di quegli austriaci, che fino al 1866 dominarono gran parte del nord-Italia, così come fu oggetto della censura francese il dramma di Hugo. I motivi più forti della censura a Verdi, molto probabilmente, sono da ricercare proprio nella storia del dramma francese. In origine, infatti, il ruolo del nobile libertino non era associato a un ducato italiano (nemmeno tra i più potenti del tempo) bensì al re di Francia Francesco I. Lo stesso regnante francese che nel 1515 scese in Italia e riconquistò dapprima Milano (interrompendo nuovamente la stagione sforzesca dopo la già avvenuta dominazione francese sotto Luigi XII) e appropriandosi successivamente, grazie al Concordato di Bologna, dei territori di Parma, Piacenza e Bologna. Parma, Piacenza e Milano sono sicuramente luoghi cari a Verdi che nell’attaccare Francesco I, invasore francese del XVI secolo, in realtà attacca gli austriaci, dominatori del suo tempo (un procedimento non dissimile da quello adottato da un suo idolo qual era il Manzoni).

Foto © Gianni Cravedi

Rigoletto è un dramma che, come si è detto, mette in risalto la complessità dei personaggi ma è anche il dramma politico di un popolo sottomesso che vorrebbe reagire. Non è difficile andare oltre l’estetica del buffone di corte e vedere nel personaggio di Rigoletto il suddito rivoluzionario che si scaglia contro il Duca e i suoi cortigiani. Rigoletto è questo e anche di più: è ribaltamento della maschera dell’arlecchino e rivalorizzazione della figura del giullare che, come nel medioevo, torna a essere vettore di cultura; quella stessa cultura artistica di cui Verdi si serve per parlare al pubblico.

Leo Nucci che su questo ruolo ha costruito una fortunatissima carriera si cimenta ormai da tempo nella regia e in quest’opera verdiana con una produzione frutto del sodalizio tra la Fondazione Teatri di Piacenza e la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara.

Foto © Gianni Cravedi

Un grandissimo successo nel quale hanno saputo farsi valere ottimi interpreti come  Amartuvshin Enkhbat, che con grande carisma ha ricoperto il ruolo di Rigoletto con voce potente e ottimo fraseggio, e Federica Guida la quale è riuscita a portare sul palco una Gilda dal talento sorprendente e di bella presenza scenica; una Gilda, si, triste e ingenua come la vuole la tradizione ma che giocando con la voce riesce ad accattivarsi l’attenzione e l’apprezzamento del pubblico. Entrambi ci hanno regalato un bellissimo bis del duetto “No vecchio t’inganni…sì, vendetta” al chiudersi del sipario alla fine dell’Atto II. Non è per questo adombrata l’interpretazione del Duca di Mantova affidata a Marco Ciaponi che tanto per doti vocali quanto per doti attoriali ha saputo guadagnarsi una buona dose di meritati applausi. Dare il giusto risalto al Duca è operazione non facile vista la sua caratterizzazione molto statica che riesce a trovare un unico momento di apparente evoluzione solo con l’aprirsi dell’Atto II con “ella mi fu rapita!”. Notevole anche l’esecuzione di Rossana Rinaldi nelle vesti di Maddalena; incarnazione del deus ex machina della storia che portando a compimento la maledizione di Monterone riporterà lo status quo nella corte mantovana. Seppur di grande importanza per lo scioglimento della trama, il ruolo di Maddalena è di presenza molto ridotta. Ciononostante, la sua interprete è comunque riuscita a dargli spessore con un canto efficace.

Foto © Gianni Cravedi

Bene l’Orchestra Filarmonica Italiana, diretta da Gaetano Lo Coco in sostituzione a Francesco Ivan Ciampa. Accattivanti scene di Carlo Centolavigna. Viene qui a presentarsi l’aspetto più critico dello spettacolo che è la gestione degli spazi scenici poco ottimizzati: gli interpreti si trovano molto spesso distanti dal pubblico e ancora più spesso posti in punti ciechi per gli spettatori alle estremità del palco laterale. Questo stesso aspetto ha contribuito a lenire una già non molto eloquente interpretazione del Monterone di William Allione. Bene Marullo di Stefano Marchisio, Matteo Borsa di Marcello Nardis, il conte di Ceprano Juliusz Loranzi, la contessa di Ceprano Emanuela Sgarlata, infine Lorenzo Sivelli (Un usciere) e Agnes Sipos (un paggio).

Le scene insieme ai costumi di Artemio Cabassi hanno ricreato egregiamente un’atmosfera coinvolgente e realistica. Il soprabito double face (letto alla francese) di Rigoletto contribuisce a connotare la dualità di un personaggio che è tanto buffone quanto aspirante vendicatore.

Matteo Cucchi

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