CAGLIARI: Andrea Chénier – Umberto Giordano,  21 aprile 2023 a cura di Loredana Atzei

CAGLIARI: Andrea Chénier – Umberto Giordano, 21 aprile 2023 a cura di Loredana Atzei

  • 26/04/2023

ANDREA CHÉNIER

dramma d’ambiente storico in quattro quadri libretto Luigi Illica
dal romanzo omonimo di François-Joseph Méry
musica Umberto Giordano
Editore proprietario: Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano

Maestro concertatore e Direttore Donato Renzetti

Regia Nicola Berloffa

personaggi e interpreti:

  • Andrea Chénier Mikheil Sheshaberidze
  • Carlo Gérard Devid Cecconi
  • Maddalena di Coigny Oksana Dyka
  • La mulatta Bersi Cristina Melis
  • La contessa di Coigny Valentina Coletti
  • Madelon Antonella Colaianni
  • Roucher Petar Naydenov
  • Il romanziere Pietro Fléville/Fouquier Tinville Viktor Shevchenko
  • Il sanculotto Mathieu Luciano Roberti
  • Un “Incredibile” Mario Bolognesi
  • L’Abate Orlando Polidoro
  • Schmidt/Il maestro di casa Alessandro Frabotta
  • Dumas Alessandro Carta

Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari

Maestro del coro Marcovalerio Marletta

Scene Justin Arienti

Costumi Edoardo Russo

Luci Valerio Tiberi

Coreografia Luigia Frattaroli

allestimento in coproduzione fra Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Ravenna Manifestazioni, Fondazione Teatro Regio di Parma, Opéra de Toulon

 


Cagliari e l’estetica della Rivoluzione


Al Teatro lirico di Cagliari il M° Donato Renzetti, in perfetta armonia con la regia di Nicola Berloffa, dipinge con sapienti pennellate quel grandissimo affresco storico a tinte forti che è l’Andrea Chénier.

 Una strettissima collaborazione, quella tra Direttore e Regista, che fa il paio con la grande sintonia tra il compositore Umberto Giordano e il librettista Luigi Illica, e che ci restituisce un capolavoro fatto di eventi tragici ma arricchito da una spasmodica ricerca del dettaglio storico, nonché di una profonda ricerca sull’animo umano.

Renzetti sul podio dirige l’orchestra di Cagliari trascinando il pubblico dalle atmosfere idilliache di un’epoca barocca avviata alla morte, verso i ritmi e i suoni della rivoluzione popolare contraddistinta da accenti veristi. C’è da notare che il fortissimo orchestrale in qualche punto copre le voci dei protagonisti.

photo © Priamo Tolu

Ne risentono soprattutto le voci di Chènier e in piccola parte Roucher.

La regia è tradizionale, si avvale delle scene di Justin Arienti, è supportata dai bei costumi di Edoardo Russo e dal ricercato gioco luci di Valerio Tiberi. Nel complesso ci offre una splendida fotografia dell’epoca storica dando vita a dei veri e propri tableau vivant.

Gli unici “tradimenti”, sui quali non si fa fatica a sorvolare, sono l’assenza di un sofà nel Castello di Coigny nel primo atto (sostituito con delle sedie) e il colore bruno, invece che biondo, dei capelli di Maddalena.

L’orchestrazione accurata inonda la platea di vivide suggestioni musicali.

Il coro di Cagliari, diretto da Giovanni Andreoli, si misura con la compostezza del primo atto, con le egloghe bucoliche accompagnate dalle eleganti coreografie di Luigia Frattaroli, e con la frenesia popolare della rivoluzione ottenendo in entrambi i casi un risultato apprezzabile.

La scenografia propone un ambiente ricco di fascino e dettagli tali da accontentare lo sguardo e a prestarsi a più piani di lettura.

Come il quadro che raffigura Maria Antonietta esposto nel Castello di Coigny. Una copia del quadro fu consegnata in regalo all’ultima Imperatrice di Russia che si narra lo avesse alle spalle quando venne arrestata dai Bolscevichi prima di essere fucilata.

La Contessa di Coigny viene assassinata proprio al cospetto di quella tela che diventa così un fil rouge capace di unire nell’allusione due Regine dal tragico destino.

 I personaggi sono complessi e si sviluppano nel periodo precedente alla rivoluzione Francese fino all’epoca del terrore.

Si delinea una storia di grandi ideali… tutti traditi.

photo © Priamo Tolu

In un mondo di crudo realismo popolato da infami delatori (gli Incredibili) e femmine discinte (Le Meravigliose) l’unico fulgore, la sola speranza, viene da una storia d’amore: quella tra Andrea Chénier e Maddalena di Coigny.

Chénier è un duro e puro in un’epoca che vive di rivalse e di vendette. Non si fa forte con i deboli. Non associa la giustizia al patibolo. Proclama una libertà che non sia fatta di controlli e perquisizioni. E, pur avendo appoggiato la rivoluzione, ne denuncia gli eccessi.

Maddalena invece è una giovane ragazza di nobile casata, caduta in disgrazia, che si trasforma, da ragazzetta capricciosa e superficiale, a donna forte pronta al sacrificio per l’uomo che ama trasformando la morte sul patibolo in un’ascesa all’amore totalizzante ed eterno.

Questo amore è contrastato da Carlo Gérard che da maggiordomo di casa Coigny diventerà nel corso degli avvenimenti uno dei capi della Rivoluzione e che cercherà di soddisfare le sue brame nei confronti di Maddalena a prezzo della vita di Chénier.

Andrea Chénier è qui interpretato  dal tenore Mikheil Sheshaberidze al suo debutto nel ruolo del poeta rivoluzionario.

photo © Priamo Tolu

Corretto nella recitazione sul piano vocale alterna momenti lirici di grande pathos, come nell’applauditissima aria del primo quadro “Un dì all’azzurro spazio …” , dove l’abbondanza di colori sopperisce ad un timbro non propriamente bello, a momenti in cui il canto appare offuscato.

Le intenzioni sono rispettate anche nell’aria “Come un bel dì di Maggio…” che interpreta con animo dolente fino a porre, con la variazione sul finale, un maggior accento sulla disperazione dell’uomo che sta per essere condotto a morte, tuttavia il canto non è brillante.

Gérard è invece uomo più complicato e tormentato. Servo, figlio di servi, cresce nell’odio di classe e ottenuto il potere cede alla tentazione di sfruttarlo per ottenere ciò che vuole da sempre: l’amore di Maddalena. Anche a costo di denunciare Chénier quale traditore.

Devid Cecconi offre un’interpretazione in cui non mancano le sfumature. Dall’impeto rabbioso quando si libera della livrea a casa della Contessa di Coigny, all’autorevolezza del rivoluzionario, fino alla consapevolezza che esprime nella celebre  “Nemico della patria…” in cui con timbro caldo e voce voluminosa dà sfogo ai suoi sentimenti fino a prendere tristemente atto che da servo si è tramutato solo in un altro servo. Ha solo cambiato padrone. Sul finire di “In un sol bacio e abbraccio tutte le genti amar!” la platea esplode in un caloroso applauso.

Oksana Dyka è una Maddalena vocalmente opulenta, ampia e penetrante. Non è prodiga di mezze voci ma quando le usa lo fa in modo preciso ed efficace.

Cesella con dolcissimi filati il duetto con Chénier in “Ah! Ora soave, sublime ora d’amore!…”

E sfodera una bella messa di voce durante la lunga e difficile aria “La mamma morta…” offrendo una prova decisamente felice.

photo © Priamo Tolu

Cristina Melis è una sonora e suadente Bersi che convince anche per vitalità scenica.

Sostanzialmente corretto il resto del cast.

Valentina Coletti interpreta una plausibile Contessa di Coigny superficiale e spaesata dalla piega degli eventi.

Antonella Colaianni è una Madelon che con fierezza consegna il giovane nipote alla Patria affinché possa servire come soldato.

Petar Naydenov è uno smaliziato Roucher.

Il doppio ruolo di Pietro Fléville e Fouquier Tinville è sostenuto con perizia da Viktor Shevchenko.

Mentre Luciano Roberti è il sanculotto Mathieu pieno di livore e sarcasmo. Mario Bolognesi interpreta un Incredibile . Orlando Polidoro è l’Abate.Alessandro Frabbotta veste i panni di Schmidt e il Maestro di casa e infine Alessandro Carta interpreta Dumas.

photo © Priamo Tolu

Il finale concede applausi per tutti anche se ad onor del vero lo spettacolo riesce solo a metà.

Ai fini del gradimento del pubblico ha giovato sicuramente il rispetto per l’ambientazione e la direzione orchestrale piena di enfasi.

D’altro canto però non si è creato quell’amalgama tra gli interpreti capace di far scoccare la scintilla tra palco e pubblico e trasformare un onesto spettacolo, quale è stato, in qualcosa di davvero emozionante.

Questo non significa che non possa accadere nelle recite successive dove lo spettacolo, più rodato e scevro dall’emozione della prima, potrebbe anche trovare la giusta chiave di svolta capace di donare al pubblico maggiori soddisfazioni.

Loredana Atzei

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