VERONA: Rigoletto – Giuseppe Verdi, cast a confronto 7 – 20 luglio 2023 a cura di Silvia Campana

VERONA: Rigoletto – Giuseppe Verdi, cast a confronto 7 – 20 luglio 2023 a cura di Silvia Campana

  • 11/08/2023

Arena di Verona, 7/20 luglio 2023


Photo©EnneVi

Durante questo festival del Centenario areniano risultano molte le occasioni di ascolto che ci permettono di seguire voci tra le più importanti nel panorama internazionale, davvero a poca distanza temporale. Malgrado la scarsità di prove, che certo condiziona in particolare le letture orchestrali, spesso obbligatoriamente al servizio degli interpreti, la stagione offre infatti la rara possibilità di accostarsi a chiavi interpretative assai differenti le une dalle altre e ciò risulta sempre interessante e stimolante quando si parla di teatro.

In questo caso l’oggetto in questione è il nuovo allestimento di Rigoletto ideato da Antonio Albanese con la collaborazione di Juan Guillermo Nova alle scene e Valeria Donata Bettella ai costumi in cui si esibiva la tripletta Yusif Eyvazov, Giulia Mazzola, Ludivic Teziér e Juan Diego Florez, ancora Giulia Mazzola e Luca Salsi mentre il resto del cast restava invariato.

Photo©EnneVi

La regia parte da un’idea che avrebbe potuto essere vincente se dipanata con minor timore reverenziale e maggior coerenza teatrale, se è vero infatti che gli spazi areniani e la loro imponente tradizione costituiscono un ostacolo a tratti difficilmente superabile proprio la loro storia ha mostrato di premiare in passato anche allestimenti che non rientravano proprio nel solco della mera tradizione.

L’idea di Albanese di ambientare il dramma nell’Italia del Dopoguerra, se non nuova, è certo ben delineata esteticamente (a metà tra Bellissima di Visconti e Riso amaro di De Santis) ma il tutto rimane troppo a pelo d’acqua.

Photo©EnneVi

La teatralità di Verdi, di estrema contemporaneità dati i molteplici ed eterogenei temi che muove (lotta di classe, violenza sulle donne, abuso di potere per citarne superficialmente solo alcuni) non viene apparentemente considerata né tantomeno scandagliata ma piuttosto schiacciata sullo sfondo come un sipario dipinto di un teatro di burattini. Lo spazio scenico infatti, imperniato su una piattaforma rotante che va a svelare i vari quadri dell’opera (peraltro assai ben realizzati, specie quello dell’ultimo Atto) non è quasi mai supportato da un qualsivoglia taglio interpretativo ma anzi sembra quasi avere la funzione di mera riedizione di un datato best seller.

Troppo poco per questo capolavoro che meriterebbe un approfondimento sempre maggiore e mai scontato a prescindere da spazi e pubblico.

Photo©EnneVi

Pregio di questo allestimento, che si poneva appunto quasi come una tavola nuda, è stato però quello di rendersi perfettamente permeabile alle interpretazioni dei differenti cast che, assai poco vincolati, risultavano liberi di esprimersi e, in alcuni casi, contribuivano a donare maggior omogeneità teatrale al tutto.

La particolare rotazione di artisti per il Centenario presentava poi in arena cast eccellenti per Rigoletto, l’ultimo ad esempio (ahimè sospeso per maltempo) avrebbe visto impegnati Amartuvshin Ekbath, Nadine Sierra e Piotr Beczsla.

Photo©EnneVi

Ma entriamo nel dettaglio.

La personalità del Duca di Mantova appare sostanzialmente poco interessante sotto un profilo teatrale e, nella maggior parte dei casi, viene risolta attraverso la mera vocalità ma quando ad interpretarla si cimentano due artisti sideralmente opposti come Yusif Eyvazov e Juan Diego Florez le cose possono apparire ben più approfondite e estremamente interessanti.

Imperniato su di una vocalità limpida e cristallina ed un timbro suadente morbidamente poggiato sul fiato, il personaggio interpretato da Florez conosce la nobiltà e la raffinatezza di un principe. Tanto vibrante e seduttivo quanto modulato attraverso un fraseggio cesellato e lunare, il suo carattere non riesce certo a veicolare la torbida natura del signorotto descritto da Verdi (al massimo può risultare arrogante ed altero) ma risulta delineato con intenso lirismo (duetto con Gilda e romanza) sposandosi bene con la scrittura verdiana che così bene mescola le carte in questo personaggio in cui continuamente desiderio e brama cambiano tratti ed accento. Un Duca certo singolare ed a cui forse non siamo abituati ma che perfettamente giustifica l’amore di Gilda, la sua credulità ed il suo sacrificio finale e dunque finisce per conoscere una sua teatrale efficacia.

Photo©EnneVi

Su un piano totalmente differente si muove il personaggio, solo a tratti venato da sfuggente lirismo, delineato da Yusif Eyvazov.

Da subito spavaldo, vigoroso e prepotente il suo Duca conosce una linea vocale ed interpretativa di tutto rispetto e, se non può contare sul fascino di un timbro suadente, vive di una vocalità in cui colori ed accenti contribuiscono a cesellare un temperamento che risulta sempre teatralmente coerente e assai ben scolpito.

Due visioni dunque opposte di un medesimo personaggio che sembra a tratti emergere dalla combinazione di entrambe.

Decisamente e naturalmente più complesso il discorso riguardo Rigoletto peraltro ritratto da due artisti che sembrano averne una visione per certi aspetti diametralmente opposta.

Photo©EnneVi

Concentrato sul suo aspetto più popolare, Ludovic Tézier ne marca il profilo rimanendo nel solco di una tradizione esecutiva che spesso rischia di sacrificarne i tratti attraverso un’esclusiva attenzione al profilo vocale a scapito di un maggior approfondimento drammatico quanto espressivo. Così il suo Rigoletto appare come un personaggio piagato, ultimo tra gli ultimi, che a stento riesce a farsi strada in una società che lo sbeffeggia e lo umilia ed in cui le sue stesse emozioni ed il suo mondo non trovano spazio.

La bella e piena vocalità dell’artista risulta certo perfetta nel delineare la sordida rabbia e l’umiliazione subita ma la sua lettura rischia di rinchiudere il carattere in una bolla di rabbia che, pur d’effetto, resta sterile. Le troppe concessioni inoltre a corone e puntature rischiavano di spingere il personaggio verso modalità espressive, a mio parere, lontane dalla nostra più contemporanea sensibilità teatrale.

Photo©EnneVi

Fatte queste osservazioni il suo ritratto resta oggettivamente molto potente e indiscutibilmente di livello.

Discorso opposto per quanto riguarda il taglio interpretativo di Luca Salsi che sempre nelle sue letture mette al primo posto lo studio del carattere partendo proprio dal fraseggio; con lui la regia di Albanese sembra riacquistare vita attraverso un ritratto nel quale sempre di più il gesto si sposa con l’accento per creare teatro.

Il suo Rigoletto viene tratteggiato dunque in modo molto semplice e umano, le reazioni rimangono lontane dal facile effetto o da ogni pietismo per raggiungere una densità espressiva molto vicina ad un neorealismo straziante. La partitura è perfettamente rispettata e priva di fronzoli (unica concessione l’ampia corona e la puntatura nella stretta “Sì, vendetta”), oltre che scandagliata e studiata con sempre maggior approfondimento. Così la rabbia del buffone emerge spontanea da uno stato di frustrazione profondo e lacerante ed ogni lumeggiatura è evidenziata. Il timbro poi si piega al volere teatrale gonfiandosi di autorevolezza o piegandosi in pianissimi di bella intensità a seconda dell’esigenza drammatica. Anche un certo uso del parlato risulta motivato e sempre sapientemente inserito e non fa che impreziosire un’interpretazione calibrata e potente che, sviscerando il dramma del padre, ne rivela la potente e sempre attuale sofferenza rendendolo quasi un archetipo.

Due ritratti molto diversi dunque ma entrambi molto efficaci che non hanno mancato infatti di provocare l’entusiasmo del pubblico presente.

Il giovane soprano Giulia Mazzola quale Gilda si è assai ben disimpegnata mostrando una vocalità molto graziosa ed educata, tecnicamente corretta, e, specie nei pianissimi, davvero di grande effetto. Certo la drammaticità è ancora in nuce ma l’artista ha mostrato di avere tutte le carte in regola per una crescita professionale ed artistica di tutto rispetto.

Ottimo Gianluca Buratto quale Sparafucile che ben dosava la sua bella timbrica attraverso un’espressività sempre incisiva, vincente e corretta anche la Maddalena di Valeria Girardello.

Completavano il cast: Agostina Smimmero (Giovanna), Gianfranco Montresor (Monterone) , Nicolò Ceriani (Marullo), Riccardo Rados (Borsa), Roberto Accurso (Ceprano), Francesca Maionchi (Contessa di Ceprano), Giorgi Manoshvili (Un usciere) e Elisabetta Zizzo (un paggio).

Molto bene il Coro della Fondazione diretto da Roberto Gabbiani.

Marco Armiliato, come molti altri direttori durante questa stagione, ha esibito il suo mestiere impegnandosi a cercare di tener ben compattati palcoscenico e buca ed anche questo, con i ripetuti cast impegnati quest’anno, non è cosa di per sé trascurabile.

In entrambe le recita l’arena, pur non mostrandosi gremitissima, ha mostrato un pubblico molto attento ed entusiasta che ha salutato interpreti e Direttore con ripetute e calorose chiamate.

Silvia Campana

 

Print Friendly, PDF & Email
Share this Post