SAVONA: MARÍA DE BUENOS AIRES  di Astor Piazzolla, 30 giugno 2021

SAVONA: MARÍA DE BUENOS AIRES di Astor Piazzolla, 30 giugno 2021

  • 03/07/2021

MARÍA DE BUENOS AIRES

di Astor Piazzolla

Opera tango su libretto di Horacio Ferrer

Prima rappresentazione 8 maggio 1968 – Teatro Colón, Buenos Aires

Edizioni Tonos Music Publishing, Baden Baden- Germany

 

Direttore Aldo Sisillo

Regia, scene e costumi Stefania Panighini

 

Personaggi e Interpreti:

  • Maria Giuseppina Piunti
  • El Payador Enrico Maria Marabelli
  • El Duende Davide Mancini

Light Designer Andrea Tocchio

Aiuto Regia Emilia Di Stefano

 Costumi SlowCostume

Scene Laboratorio Scenografico Teatro Pergolesi – Jesi

 ORCHESTRA E CORO DELL’OPERA GIOCOSA

Valerio Giannarelli Primo Violino – Leader, Ilaria Bellia violino secondo, Ruben Franceschi viola, Maria Laura Zingarelli violoncello, Danilo Grandi contrabbasso, Giancarlo Palena bandoneon, Francesca Rapetti flauto, Guido Bottaro pianoforte, Davide D’Ambrosio chitarra, Luca Campodonico percussioni, Luca Moretti percussioni)

Coristi: Sofia Pezzi, Riccardo Pezzi, Riccardo Montemezzi, Johanna Mosquera, Federica Salvi, Eder Sandoval Guevara Sandoval

Responsabile Coro: Simonetta Vissà

Maestro del Coro GianLuca Ascheri

Coregrafie: Andrea Degani,  Giovanna Di Fazi

Gruppo CoreoTango ASD GIOKI DANZA-GioKi Tango Savona Giovanna Di Fazi, Igor Casabianca, Ilaria Distefano, Daniele Morabito, Federica Bertoloni, Matteo Lirosi, Mirella Giordano, Michele Bruzzone.

 

Coproduzione Teatro dell’Opera Giocosa, Savona – Fondazione Pergolesi Spontini, Jesi –

Ente Luglio Musicale Trapanese, Trapani

Nuovo allestimento

Fortezza del Priamar 30 giugno 2021


Di Astor Piazzolla e del suo nuevo tango abbiamo già dato un breve resoconto con la rappresentazione novarese tenutasi in occasione del centenario dalla nascita dell’artista (qui il link). Oggi siamo a parlare di nuove ed ulteriori contaminazioni, in barba ai puristi che tanto osteggiano nuovi generi quanto l’oscurantismo osteggiò a suo tempo il progresso positivista.

Maria de Buenos Aires andò in scena in prima assoluta Teatro Colón di Buenos Aires l’8 maggio del 1968 (quindi solo molto tempo dopo l’ufficiale riconoscimento in patria dell’autore), dedicata ed ispirata alla grande e inarrivabile artista Milva, recentemente scomparsa. L’opera tango, frutto del lungo sodalizio del musicista con il poeta Horacio Ferrer, è figlia del nostro tempo e con esso impatta con tutta la sua forza dirompente attraverso il linguaggio della poesia. Un linguaggio ermetico, che come uno strumento perfettamente accordato all’uopo, arriva in tutta la sua violenza non con precisi concetti chiaramente espressi, bensì come un pugno allo stomaco. È l’esperienza traumatica che si trasmette dalla realtà dei sobborghi della metropoli argentina al palco scenico e di qui al pubblico. Niente potrà mai essere compreso meglio di ciò che si è appreso attraverso l’esperienza diretta. Un trauma produce forti sensazioni, stress e dolore, concetti difficilmente trasmissibili verbalmente. Maria, come racconta Milva, non è semplicemente un personaggio dell’opera, non è neanche una persona in carne ed ossa, è piuttosto lo spirito stesso della città di Buenos Aires. Maria è la ragazza che dalla periferia giunge nel centro della città dove conosce il tango e se ne innamora, dove si prostituirà per sopravvivere. Maria vive nel malaffare, qui viene condannata a morte dai “papponi” in una messa nera che dà inizio al suo inferno dove ogni notte rinasce e muore dando alla luce una nuova sé stessa. Maria è il fiume inarrestabile della disperazione delle ragazze che cercano fortuna. Parole forti come “Dio era ubriaco quando nacque Maria”, come “orgasmo e morte”, pronunciate tra un susseguirsi di balli di tango, fiumi di alcol, dispute violente, sesso amaro e tristezza sconfinata lasciano il gusto del sangue in bocca e la domanda che sorge inevitabile è “perché mai continuare a vivere in questo modo?”. Schopenhauer direbbe che noi siamo volontà di vivere, un impulso irrazionale che ci spinge, malgrado noi stessi, a vivere e ad agire. La povertà genera solo povertà, la violenza genera violenza, la vita genera vita, quali che siano le sue condizioni. Il tango è una via di fuga e al contempo espressione stessa di ciò da cui vuole fuggire.

Arrivando alla rappresentazione dell’Opera Giocosa di Savona coprodotta con la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi e con l’Ente Luglio Musicale Trapanese possiamo dire della regia di Stefania Panighini, firmataria anche delle scene e dei costumi, che ha perfettamente colto nel segno rendendo pienamente l’atmosfera di una drammaturgia certo non facile. I movimenti sono ben dosati e la gestualità attinente gli usi e il costume degli ambienti cui si riferisce. L’unica scena, costituita da un bancone bar, da tubi innocenti per impalcature e lamierati rende perfettamente l’idea delle bidonville, ripari posticci edificati con mezzi di fortuna. I costumi sono un chiaro riferimento al tentativo di emergere dalla povertà. Il merito delle luci va ad Andrea Tocchio. Inappuntabile la direzione dell’ottima Orchestra dell’Opera Giocosa affidata all’esperienza del Maestro Aldo Sisillo, che si distingue per i tempi ben misurati, gesto sicuro e chiaro oltre che per l’ottima interpretazione. Molto bene la scelta del tradizionale bandoneon (spesso per semplicità sostituito dalla fisarmonica) dove troviamo il bravissimo Giancarlo Palena. Bene anche l’ensemble coristico ottimamente preparato dal Maestro Gian Luca Ascheri. Ottima la presenza del corpo di ballo ASD GIOKI DANZA-GioKi.

Maria è molto bene interpretata nell’arroganza come nelle fragilità dal mezzosoprano Giuseppina Piunti, straordinario l’elfo (el Duende) interpretato dall’attore Davide Mancini molto bene anche il baritono Enrico Maria Marabelli nel ruolo del Payador.

La sala, al massimo della capienza consentita dalle restrizioni ministeriali, ha reagito con entusiasmo intrattenendosi con lunghi applausi. Presente ed entusiasta anche l’autorevole soprano Renata Scotto.

Roberto Cucchi

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