ROMANIA: Un ballo in maschera per il Festival internazionale di Galati 2017

ROMANIA: Un ballo in maschera per il Festival internazionale di Galati 2017

  • 20/11/2017

Il festival internazionale di Galati rivela, di anno in anno, ambizioni crescenti e risultati artistici che stanno facendo della città che si distende sulla sponda del Danubio, non lontana dalla frontiera con l’Ucraina, uno dei palcoscenici d’opera più interessanti del paese.

Nel ricco cartellone del 2017, il Festival che registra la presenza di numerosi ospiti anche stranieri, prevede, accanto alle sezioni riservate al Jazz e al Blues, oltre a concerti sinfonici e lirici, un’operetta e tre opere fra le quali la premiere di Un ballo in maschera.

Sul podio il maestro Cristian Sandu, un giovane direttore di speciale talento, allievo del grande Nello Santi, che ha saputo trarre il meglio dall’orchestra del Teatrul Muzical “Nae Leonard”, la cui esecuzione si è rivelata per ogni verso encomiabile, tenuto conto soprattutto del fatto che il titolo era assente dal repertorio del teatro da una quindicina d’anni e che per la maggior parte dell’orchestra risultava dunque in prima esecuzione assoluta.

La regia è stata affidata a Paolo Bosisio, fra gli artisti attualmente  più richiesti sui palcoscenici dell’est Europa e frequentemente presente proprio nei cartelloni del teatro d’opera di Galati. Come sua consuetudine, Bosisio ha scelto la strada di un allestimento assai rispettoso della partitura e delle intenzioni degli autori, senza peraltro piaggeria alcuna nei confronti della tradizione.

Le scene essenziali di Domenico Franchi – che sempre più spesso affianca Bosisio nel suo lavoro – sono costituite da una serie di strutture rotanti sull’asse e mobili sul palcoscenico, adatte per consentire agili cambiamenti di scena necessari per rappresentare con efficacia e fluidità consecutiva le sette differenti situazioni attraverso le quali si articola il plot. Occorre notare che la scelta dello scenografo asseconda con efficacia le doti di light designer che contraddistinguono il regista, in ciò erede della trazione strehleriana da cui discende. Ciascuna situazione, infatti, era psicologicamente introdotta e delineata da un tono luminoso particolare, da accenti discreti eppure ben chiari nel loro significato, che consentivano ai cantanti di muoversi in sintonia precisa con le intenzioni musicali espresse dalla partitura e dall’interpretazione del direttore d’orchestra.

Nella compagnia di canto, accanto alla solida e convincente prova fornita dal tenore rumeno Cristian Balasescu, forte di una lunga esperienza nel ruolo di Riccardo, si è distinta nettamente la bella voce di Cristina Radu, al suo debutto come Amelia: solida nei centri e precisa nelle non facili agilità previste dalla partitura, il soprano, solista dell’opera di Brasov, ha rivelato un garbo speciale nei legati e nei piani, oltre a convincenti doti di interpretazione drammatica.

Dotato di uno strumento possente e di una musicalità di rilievo il baritono italiano Roberto Bortoluzzi, al debutto come Renato.

Accanto a lui si sono apprezzate le voci gravi di Dan Popescu e Dominic Cristea, che hanno saputo trasformare i due ruoli comprimari di Tom e Samuel in altrettanti cammei di gran pregio, intonati e legati a formare un ruolo antagonistico molto interessante.

Una menzione di elogio deve essere, infine, riservata alla soprano di agilità  Adelina Diaconu, che di Oscar ha dato una versione fresca e distaccata dallo stereotipo a cui siamo abituati, confermando le sue doti canore e drammatiche.

Andrada Rosu è stata, invece, una Ulrica abbastanza prevedibile e non ha saputo nascondere alcune lacune vocali, soprattutto nei legati.

Teatro straripante all’inverosimile di un pubblico entusiasta che ha premiato tutti con molto calore.

LA REDAZIONE

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