PIACENZA: La Cenerentola – 18 febbraio 2018, a cura di Paolo T.Fiume

PIACENZA: La Cenerentola – 18 febbraio 2018, a cura di Paolo T.Fiume

  • 08/03/2018

GIOACHINO ROSSINI

LA CENERENTOLA

Dramma giocoso in due atti di Jacopo Ferretti
(Edizione critica Fondazione Rossini di Pesaro in collaborazione con Casa Ricordi, Milano
a cura di A. Zedda)

Erina YASHIMAdirettore
Aldo TARABELLAregia

Personaggi e Interpreti:

  • Don Ramiro: Pietro Adaini
  • Dandini: Paolo Bordogna
  • Don Magnifico: Marco Filippo Romano
  • Clorinda: Giulia Perusi
  • Tisbe: Isabel De Paoli
  • Angelina: Teresa Iervolino
  • Alidoro: Matteo D’Apolito

    Enrico MUSENICHscene
    Lele LUZZATIcostumi (proprietà della Fondazione Cerratelli, Pisa) 
    Marco MINGHETTIluci
    Monica BOCCIcoreografie

    ORCHESTRA GIOVANILE LUIGI CHERUBINI
    CORO DEL TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA
    Corrado CASATImaestro del coro

    Coproduzione,
    Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Alighieri di Ravenna,
    Fondazione Teatri di Piacenza

    ALLESTIMENTO DEL TEATRO DEL GIGLIO DI LUCCA


Una piacevole Cenerentola al Teatro Municipale di Piacenza, con una doppia dedica nel centocinquantenario della morte di Rossini e nel decimo anniversario della scomparsa del grande scenografo e illiustratore Emanuele Luzzati. Lo spettacolo, firmato da Aldo Tarabella, nasce come un omaggio per Luzzati ad opera dei suoi “più significativi discepoli”: Enrico Musenich per le scene, Elio Sanzogni cui è dovuto “lo stile luzzatiano nella realizzazione pittorica”. Va detto che l’aspetto prettamente registico non supera i limiti di una blanda e posata convenzionalità: questo è sicuramente positivo nella misura in cui sfrutta abilmente la tradizione interpretativa dei personaggi, senza una inutile ricerca del nuovo per il nuovo. Ha però il limite di una trattazione praticamente del tutto già vista nelle scene d’assieme. Le scene sono pensate come una combinazione in continuo mutamento di elementi autoportanti dipinti, collage di palazzi e interni genovesi. Gli ambienti del palazzo di Don Magnifico decisamente non sono indimenticabili; Il quadro più efficace è senza dubbio quello del primo finale: la mensa in fuga prospettica, il fondale floreale e i costumi magnifici rendono effettivamente in un colpo d’occhio un buon tributo al maestro genovese. Proprio i costumi sono il vero punto forte dell’allestimento, e sono infatti non a caso quelli di una produzione del 1978 al Teatro Margherita di Genova a firma Lele Luzzati (restaurati e messi a disposizione dalla Fondazione Cerratelli).

Il comparto musicale risulta gustoso e brillante: la giovane Erina Yashima, assistente di Riccardo Muti alla CSO, si mette con piglio deciso alla testa dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini. Le sonorità risultano brillanti e autenticamente rossiniane; i crescendo possiedono una vera, ampia e gustosa gamma dinamica – una rarità – pur non arrivando mai all’eccesso; i tempi sono generalmente ottimi, sensibilmente sul lato quieto, e non è un difetto: spesso la confusione frenetica demolisce la ricchezza e la genialità dei sottili equilibri della concertazione (un esempio su tutti, i giochi di ottavino nel finale di Sia qualunque delle figlie). Peccato per una cura del fraseggio non altrettanto godibile, sicuramente globalmente corretta ma con moltissimo potenziale inespresso.

Teresa Iervolino (Angelina) è sicuramente la voce della serata: se il personaggio, pur tenero e affettuoso, risulta abbastanza semplice e ordinato, il canto gli dona una stoffa meravigliosa. Tutto è centratissimo, la musica le sembra cucita addosso: perse alcune incertezze in acuto degli anni passati, oggi il mezzosoprano sfodera una freschezza smagliante su tutto il registro, un timbro ricchissimo specialmente nei gravi rotondi e vellutati, un’omogeneità invidiabile e delle agilità impeccabili. Una volta c’era un re è un capolavoro di malinconia e disillusa speranza.

Molto buono nonostante l’annunciata indisposizione il Don Ramiro del giovanissimo Pietro Adaini (classe 1992), che offre una voce già ben tornita, qualche bell’acuto e un personaggio globalmente convincente, al netto di qualche stanchezza, comprensibile per lo stato di salute.

Il baritono Pablo Ruiz, anche lui indisposto, è stato invece eccellentemente sostituito da Paolo Bordogna: un Dandini di prim’ordine, che al netto di un’emissione saltuariamente poco focalizzata soddisfa per timbro pieno, arte scenica e capacità di canto “sulla parola” così fondamentale in un personaggio centrale ed estremamente complesso, oltre che musicalmente impegnativo.

Voce grandiosa e grande talento anche per Don Magnifico (Marco Filippo Romano), che patisce soltanto di qualche affanno nei tempi più rapidi ed è obbligato a più prese di fiato nel celebre sillabato alla fine della sua aria del secondo atto. Poco importa, il timbro riempie il teatro con una ricchezza raramente sentita per questo registro, restando sempre fresco, mai caricato, mai artefatto. Bellissime Conciosiacosaché e il duetto Un segreto d’importanza con Dandini, quest’ultimo premiato da uno scroscio di applausi e molte acclamazioni.

Corretto l’Alidoro di Matteo D’Apolito, come anche il duo di sorelle di Giulia Perusi (Clorinda) e Isabel De Paoli (Tisbe).

Il Coro del Teatro Municipale di Piacenza, diretto dal Maestro Corrado Casati, si distingue per correttezza e garbo.

Non particolarmente acclamata la regia; moltissimi applausi invece per Teresa Iervolino, Marco Filippo Romano e per la direttrice Erina Yashima;

Paolo T. Fiume

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