FERRARA: Una goccia – Dino Buzzati, 18 novembre 2022 a cura di Matteo Cucchi

FERRARA: Una goccia – Dino Buzzati, 18 novembre 2022 a cura di Matteo Cucchi

  • 24/11/2022

UNA GOCCIA

di

Dino Buzzati

musiche di

Piero Bittolo Bon, Gioia Gurioli, Antonio Macaretti, Alfonso Santimone, Dimitri Sillato, Denis Zardi


regia Pietro Conversano

direttore Tommaso Ussardi

eseguite da

Ensemble Istantanea

Daniele D’Alessandro, clarinetti

Pietro Fabris, violino

Enrico Mignani, violoncello

Denis Zardi, pianoforte

Pietro Conversano, voce

Gioia Gurioli, voce, elettronica

Alfonso Santimone, elettronica

 

animazione e live painting Samuele Canestrari

coproduzione Istantanea, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara

Teatro Comunale di Ferrara, 18 novembre 2022


Il Teatro Comunale di Ferrara apre la sua stagione di opera e balletto con un adattamento inedito del racconto “Una Goccia” di Dino Buzzati cogliendo l’occasione per celebrare i 50 anni dalla sua scomparsa (28 gennaio 1972). All’inizio del Novecento l’uomo raggiunge un livello tale di sicurezza delle sue conoscenze scientifiche da ritenere che ormai non ci sia più nulla da scoprire (parafrasando una famosa affermazione di Lord Kelvin del 1900). Eppure saranno proprio i primi decenni del secolo scorso a portare la grande rivoluzione della fisica moderna. Il racconto del Buzzati non contiene certamente richiami ad Einstein, Planck e ai grandi nomi del primo Novecento ma racchiude quel senso di sgomento e angoscia avvertito nel momento in cui qualcosa, anche una misera goccia, compiendo un’azione anomala, fa capitolare ogni nostra certezza. Quell’insignificante goccia d’acqua, percorrendo un moto ascensionale e spontaneo viola le leggi fisiche date ormai per assodate. Ecco che, con questa chiave di lettura, il racconto scritto nel 1945 può essere accostato al genere horror psicologico. La regia di Pietro Conversano, adottando questa chiave interpretativa, offre ad un pubblico, posto su di una gradinata montata sul palco, uno spettacolo caratterizzato da 50 minuti di angoscia alimentata dai musicisti dell’Ensemble istantanea che in parte edificano una “colonna sonora” di ispirazione cinematografica e in parte si prestano al ruolo di rumoristi (in tal senso è il clarinetto di Daniele D’Alessandro a farla da protagonista). Ulteriore contributo alla realizzazione di un’atmosfera da horror anni ’70 è senza dubbio il live painting di Samuele Canestrari che purtroppo, per quando apprezzabile estrapolato dal contesto, risulta essere una scelta mal ponderata in una valutazione dell’opera nel suo complesso. Come è vero che il Buzzati affermava che “dipingere e scrivere in fondo sono la stessa cosa” è anche vero che occorre accostare le giuste forme espressive per realizzare un’opera che risulti architettonicamente armoniosa. Adattare un testo al teatro (o allo schermo, dato che l’ispirazione registica pare esser più vicina a quel mondo) significa necessariamente renderlo più “dinamico”. Un conto è leggere un canto della Commedia avendo a portata d’occhio le illustrazioni di Dorè, un altro è ascoltare passivamente una lettura osservando un artista dipingere. Sarebbe stato forse più adatto un video d’animazione sulla falsariga del lavoro di Gerald Scarfe con i Pink Floyd?

La lettura è affidata completamente alle voci di Gioia Gurioli, Pietro Conversano e Alfonso Santimone e qui vengono a presentarsi le maggiori perplessità. Lo spettacolo in questione viene portato in un cartellone destinato all’opera e al balletto (addirittura aprendone la stagione) ma di operistico ha ben poco: la musica come si è detto è esclusivamente funzionale all’atmosfera passando di fatto in secondo piano, la recitazione si limita alla lettura del Buzzati ignorando quasi completamente l’espressività dei movimenti e persino i naturali ritmi dialogici favorendo così solo un ritmo lento e ricco di suspense. In sintesi si direbbe un concept più adeguato ad un cartellone di prosa.

Al di là di una già descritta chiave interpretativa del Buzzati abbastanza limitata sulla quale si può sorvolare trattandosi di un adattamento, si tratta purtroppo di un’occasione mancata per condurre efficacemente un autore prolifico e di grande potenziale nel mondo del teatro. Confido che, trattandosi di un’opera inedita, si abbia l’umiltà di fare un passo indietro tornando sulle problematiche descritte.

Matteo Cucchi

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