CAGLIARI: Messa da Requiem – Giuseppe Verdi, 28 ottobre 2022 a cura di Loredana Atzei 

CAGLIARI: Messa da Requiem – Giuseppe Verdi, 28 ottobre 2022 a cura di Loredana Atzei 

  • 31/10/2022

Giuseppe Verdi

Messa da Requiem per soli, coro e orchestra

direttore John Axelrod


soprano Marigona Qerkezi
mezzosoprano Anastasia Boldyreva
tenore Davide Giusti
basso Rafał Siwek 

maestro del coro Giovanni Andreoli 


La Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, composta  in onore di Alessandro Manzoni a seguito della sua morte nel 1873, entusiasma il pubblico del lirico di Cagliari con un quartetto di solisti di alto livello sotto la guida esperta e carismatica del M° John Axelrod.

Il Direttore statunitense, allievo di Leonard Bernstein, perfezionato a San Pietroburgo con Iliya Musin e con all’attivo un repertorio vastissimo,  prende per mano, con determinazione e gestualità energica, la rinomata Orchestra del lirico di Cagliari e la conduce verso una partitura sontuosa, ricca di emozioni, ritmi e colori.

Un canto di Preghiera che si snoda tra esplosioni musicali solenni di tremendo furore, profonde angosce, e momenti in cui l’orchestra si fa da parte, acquietata, in una richiesta di pace su cui aleggia sempre il dubbio in una forma musicale ciclica.

L’arpeggio discendente del violoncello che apre il requiem ci invita a scendere nell’animo umano, fino alle origini della vita.

Ed è lo stesso esatto movimento che chiude l’opera in una sequenza perpetua dove i dubbi non vengono risolti e dove è continua la ricerca della fede.

photo@Priamo Tolu

L’Introitus iniziale è l’invocazione di pace dei bassi alla quale risponde la dolcezza dei soprani fino al raggiungimento di una pacatezza che sembra condurre all’accoglimento della supplica e a cui invece segue, dopo un pianissimo estatico, la magnificenza esasperata del Dies irae.

I cinque accordi in fortissimo dell’intera orchestra, seguiti dalle impetuose scale discendenti del violini per poi culminare con i cinque potenti e categorici colpi di grancassa precipitano i presenti in uno scenario apocalittico che prelude alla bolgia infernale in cui discendono le anime perdute.

Il giudizio di Dio è rappresentato dalle trombe che si sentono in lontananza e che, in questo caso, sono posizionate nella prima Loggia a sinistra.

Compatto ed incisivo, il coro diretto dal M° Giovanni Andreoli assicura la giusta Maestosità, il necessario impeto furioso, il conveniente lirismo.

I quattro solisti non sono da meno nel dipingere con doviziose pennellate un canto ora potente, ora dolente, in alcuni casi ieratico.

A cominciare dal tenore Davide Giusti che esibisce una voce calda e generosa.

L’esecuzione è sempre partecipata, accompagnata da abile gesti e una mimica del viso che ci fa intendere il profondo sentire della parola cantata. L’esecuzione si innalza fino ad un “Ingemisco” particolarmente espressivo ed emozionante. Ottimo anche nell’offertorium con un canto spiegato e una bella salita all’acuto.

Voce piena e ricca di colori quella del mezzosoprano Anastasia Boldyreva con un notevole registro acuto e una altrettanto notevole discesa verso le noti gravi. Melodiosa ed intensa. Bellissimi i momenti del duetto con il soprano in Recordare, Jesu pie… e soprattutto nell’ Agnus Dei, la dolente invocazione di pace che qui regala momenti di grande bellezza.

Il soprano è una Marigona Qerkezi dalle ben note qualità vocali messe a disposizione dell’opera ed elargite con magnificenza.

Avvisata all’ultimo momento, arriva in sostituzione del soprano Tiziana Caruso che deve rinunciare alla serata a causa di un’indisposizione.

La Qerkezi, qui al suo debutto, incide nei cuori degli spettatori un’esecuzione raffinata, sublime, con acuti adamantini e filati elegiaci.

Il quarto asso di questa mano è il basso Rafal Siwek. Fraseggio autorevole, bella dizione, timbro estremamente profondo. Una voce che sembra giungere dalle profondità dell’animo umano. Tanto turbato e implorante nel Mors superbit et natura quanto potente nella supplica del Confutatis maledictis con una precisa e impressionante calata al registro grave.

La conclusione arriva con l’ imponente e articolato  Libera me.

Fino all’ultima nota il pubblico trattiene il respiro concedendosi, al fermarsi della bacchetta, un momento di religioso silenzio per poi esplodere in un fragoroso applauso che suggella il successo di questa esecuzione.

Un’ opera in cui la morte incombe così come incombe minacciosa la presenza di Dio.

 L’uomo è messo di fronte a tutti i suoi dubbi e le sue paure.

Un desiderio dell’essere umano che, nel suo desiderio ad elevarsi, si scontra con il dubbio.

Un dubbio che solo la Fede può fugare…forse.

Loredana Atzei

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