CAGLIARI: Carmen – Georges Bizet, 30 giugno 2023 a cura di Loredana Atzei

CAGLIARI: Carmen – Georges Bizet, 30 giugno 2023 a cura di Loredana Atzei

  • 04/07/2023

CARMEN

opéra-comique in quattro atti
libretto Henri Meilhac e Ludovic Halévy, dalla novella omonima di Prosper Mérimée
musica Gorges Bizet


Maestro concertatore e Direttore Fabrizio Maria Carminati

regia Renato Bonajuto

personaggi e interpreti:

  • Don José Carlo Ventre 
  • Escamillo Pablo Ruiz 
  • Le Dancaïre Giuseppe Esposito
  • Le Remendado Andrea Schifaudo
  • Moralès Luca Bruno
  • Zuniga Luca Dall’Amico
  • Carmen J’Nai Bridges 
  • Micaëla Marta Mari 
  • Frasquita Ilaria Vanacore
  • Mercédès Maria Ermolaeva

scene Danilo Coppola
costumi Marco Nateri
luci Valerio Tiberi
coreografia Luigia Frattaroli

Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari
Coro di voci bianche del Conservatorio Statale di Musica “Giovanni Pierluigi da Palestrina”di Cagliari
maestro del coro Giovanni Andreoli
maestro del coro di voci bianche Francesco Marceddu

nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari

 

Teatro Lirico, 30 Giugno 2023


A Cagliari prende corpo la sensuale, pericolosa e libera “Carmen”, Opéra comique di Georges Bizet su libretto di Henry Meilhac e Ludovic Halévy.

Ed è un corpo fatto di carne, ossa e sangue.

Sono personaggi veri i protagonisti di quest’opera che rivoluziona il Teatro Francese portando in scena una rivisitazione, necessariamente edulcorata, della novella scabrosa di Prosper Mèrimée.

Così come è teatro vero quello che va in scena a Cagliari assicurando agli spettatori emozioni, colpi di scena, anche imperfezioni. Perché no? Che comunque non sono in grado di scalfire il risultato finale che consacra tra gli applausi una Carmen che avvince anche quando non convince del tutto dal punto di vista vocale.

Photo©Priamo Tolu

Il segreto è nel matrimonio perfetto che si consuma tra Direzione Orchestrale e Regia.

Musica e azione procedono speditamente di pari passo tanto che alla fine, nonostante alcuni difetti nei protagonisti, lo spettacolo nel suo insieme funziona, e funziona bene.

Sul podio il M° Fabrizio Maria Carminati dirige l’Orchestra di Cagliari con energia e passione coinvolgenti.

La sua è una bacchetta precisa, attenta alle sfumature. Capace di dosare perfettamente euforia e lirismo e di miscelare con intelligenza e sensibilità dramma, leggerezza ed enfasi imprimendo tempistiche raffinate e cadenze teatralmente efficaci.

Il preludio in fortissimo ci introduce di prepotenza al clima di festa per poi confluire morbidamente nella marcetta fiera del Toreador che cresce fino all’apoteosi e infine esplode nel tema della corrida.

E, vinto dall’entusiasmo di un’esecuzione adrenalinica, anche il pubblico esplode in un applauso libero.

Non disturba.

Photo©Priamo Tolu

È come se gli spettatori diventassero parte attiva della corrida. Ma dura lo spazio di un istante perché inesorabilmente, con un timido tremolio d’archi, l’orchestra reclama il suo spazio e ci racconta un’altra storia che non è più di festa.

L’euforia finisce e viene sostituita dallo sgomento. I fiati intonano il tema del destino tragico, i timpani sottolineano il climax luttuoso, e il crescendo non fa che sottolineare l’ineluttabilità della morte.

La versione è quella rivista da Ernest Guiraud che sostituisce le parti parlate con i recitativi. La scelta di tagliare l’ultima parte del dialogo iniziale tra Micaela e Don Josè  se, da una parte, ci priva di un elemento importante (il pensiero di Don Josè che per un attimo ripensa al pericolo che Carmen rappresenta per lui),  dall’altra snellisce il dipanarsi della storia e parrebbe essere una scelta concordata con la regia.

Applauso finale anche per l’interludio che anticipa il terzo atto. Viene premiata l’eleganza di esecuzione e la trascinante bellezza idilliaca che si contrappone nettamente  all’arida, ma funzionale, messa in scena allestita in una cava di marmo con i contrabbandieri impegnati a saccheggiare un container rubato.

Photo©Priamo Tolu

Di grande effetto è il concertato alla fine del secondo atto con perfetta unità di intenti tra fossa orchestrale, solisti e coro. Quest’ultimo diretto con la consueta Maestria e con ottimi risultati dal M° Giovanni Andreoli.

Il nuovo allestimento del Teatro lirico di Cagliari,  con la  regia di Renato Bonajuto,  si rivela rispettoso del libretto, della storia e dei personaggi nonostante le differenze di ambientazione tali però da non infastidire, ma al contrario infondere forza alla narrazione rivestendola di significati ancora più complessi.

La storia della zingara che fa innamorare di sé il giovane ufficiale, e diventa vittima del suo stesso gioco, viene traslata negli anni ’40. Il periodo storico è quello della Spagna Franchista.

Al posto dei Dragoni in divisa Napoleonica gialla (colore vistoso che Carmen deride al punto di appellare Don Josè con l’epiteto di “canarino”) ci sono le guardie Nazionaliste del Generalissimo Franco in tenuta verde militare. Si contrappongono ad essi i partigiani che fanno contrabbando non più per avidità ma come forma di lotta e desiderio di libertà. Quella libertà che è manifesto di questa opera e che quindi ben si sposa con questa lettura che rende più complessi anche i personaggi di contorno.

Un dualismo che vive anche nel divertente, movimentato e preciso coro dei monelli. Il coro di voci bianche del Conservatorio “G.P. da Palestrina” di Cagliari, diretto da Francesco Marceddu viene scenicamente diviso in due parti. Una parte di bambini veste la divisa della gioventù fascista e, con precisione e serietà, marcia come un perfetto plotone di soldati. L’altra parte mostra invece i monelli di strada che li sbeffeggiano e li imitano ridicolizzandoli con una punta di sottile ironia nei confronti del potere e dei militari.

Photo©Priamo Tolu

In definitiva è una regia di tipo cinematografico, concentrata sui dettagli, chiara nei movimenti delle masse, e con un’attenzione particolare ai protagonisti che vengono guidati passo per passo nella creazione del personaggio.

A garantire il successo dell’operazione i costumi belli e coloratissimi di Marco Nateri, le luci d’atmosfera di Valerio Tiberi, le coreografie vivaci e spagnoleggianti di Luigia Frattaroli e le scene efficaci di Danilo Coppola che si manifestano come fredde e semplici inferriate.

Rivestono lo spazio creando un clima cupo, chiuso, dove la presenza dei soldati è opprimente e la libertà è un qualcosa per cui combattere. Sono strutture che in scena creano spazi, forniscono dinamicità e si trasformano a seconda delle necessità in celle, rifugi o labirinti.

Nell’ultimo atto, muovendosi si trasformano nelle viuzze tra le quali Carmen cerca inutilmente di scappare e nelle quali trova invece la morte.

Gli interpreti fanno fronte alla loro parte in modo più che onorevole, guidati da mano sapiente dalla Regia e da una Direzione orchestrale magistrale che li sostiene sempre.

Carmen è interpretata dal mezzosoprano J’Nai Bridges e porta al personaggio una sensualità capricciosa, un magnetismo innato, una gestualità elegante e ammaliante, e uno sguardo fiero. Ha quella presenza scenica che è necessaria per conquistare non solo Don Josè, ma tutto il pubblico. E ci riesce.

Da un punto di vista vocale ha una buona proiezione degli acuti e un buon sviluppo di armonici, anche se non sempre emerge dalle scene di insieme e la discesa al registro grave spesso viene risolta in modo sguaiato. Ma si tratta di piccolezze visto il risultato finale.

La scena di seduzione all’Osteria di Lillas Pastia mostra una grande sintonia tra i due protagonisti principali tanto che si fatica a credere che Don Josè si lasci distrarre dall’appello.

Don José è un Carlo Ventre inizialmente granitico e tonante, che ha il suo punto di forza non tanto nella recitazione (che una buona regia ha comunque guidato verso una buona resa del personaggio) quanto nella voce ampia e il timbro brunito.

Nell’ultimo atto emerge però con tutte le migliori caratteristiche: Il canto diventa supplichevole, amoroso, pietoso per poi trasformarsi in rabbia, e furia omicida.

Il delitto si consuma sotto gli occhi del pubblico.

Photo©Priamo Tolu

E mentre lui pronuncia “Ma Carmen Adorée” lei ancora si contorce ai suoi piedi negli ultimi spasimi della morte.

Pablo Ruiz indossa i panni del Torero Escamillo dignitoso ma non memorabile. Buona la presenza scenica valorizzata dai bei costumi spagnoleggianti che nell’ultimo atto diventano quelli della corrida con l’azzurro del tessuto che si fonde con l’oro dei ricami. Nell’aria del toreador evidenzia qualche difficoltà nell’ampiezza del suono che, nel portarsi più avanti verso il proscenio, non risolve del tutto. Il timbro chiaro inoltre non lo aiuta a raggiungere il carisma richiesto dalla parte.

Bella invece, e anche vocalmente centrata, la scena del duello all’arma bianca con Don Josè, in cui le lame brillano nella notte fendendola.

Marta Mari, nei panni di cotonina azzurra di Micaela, è quella che riesce meglio a definire il suo personaggio sia dal punto di vista vocale che scenico. Il ruolo della ragazza semplice e innamorata di Don Josè, che con coraggio lo raggiunge tra le montagne per cercare di ricondurlo alla madre morente, le calza a pennello.

Bene a cominciare dal duetto iniziale cresce poi nell’aria del terzo atto dominando la scena e regalando la più bella pagina musicale della serata.

Photo©Priamo Tolu

Il soprano Ilaria Vanacore e il mezzosoprano Maria Ermolaeva interpretano rispettivamente Frasquita e Mercedes in modo valido.

Ben disegnati e resi tutti gli altri personaggi: A cominciare dal sonoro Zuniga interpretato da Luca Dall’amico, al Morales di Luca Bruno, per finire con il Dancairo di Giuseppe Esposito, e il Remendado di Andrea Schifaudo.

Successo dunque per una Carmen entusiasmante dal punto di vista orchestrale, drammaturgicamente efficace e intellettualmente onesta che soddisfa il pubblico con la sua musica e i suoi personaggi immortali.

Loredana Atzei

 

 

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