VERONA: La Grande Opera Italiana Patrimonio dell’Umanità, a cura di Silvia Campana 7 giugno 2024

VERONA: La Grande Opera Italiana Patrimonio dell’Umanità, a cura di Silvia Campana 7 giugno 2024

  • 11/06/2024

 

Arena di Verona,7 giugno 2024


La serata dedicata all’entrata del Belcanto italiano tra i Beni immateriali dell’Unesco univa alla grande difficoltà di organizzazione il difficile bilanciamento dei più sofisticati ed imprevedibili equilibri.

photo©Ennevi

Fortemente voluta dal Ministero della Cultura la serata evento (in diretta mondovisione RAI) vedeva infatti in palcoscenico la straordinaria partecipazione di Riccardo Muti con 160 professori d’orchestra e 300 artisti del coro provenienti dalle più importanti Fondazioni lirico sinfoniche italiane e di alcuni tra i più celebri ed amati interpreti del repertorio internazionale diretti da Francesco Ivan Ciampa; in platea erano presenti il Presidente Mattarella accompagnato dalle maggiori autorità italiane, i rappresentanti delle istituzioni culturali, dell’Unesco e gli ambasciatori dei Paesi che ne fanno parte.

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La serata, realizzata in collaborazione con la Fondazione Arena di Verona vedeva inoltre la partecipazione di SIAE, ANFOLS, Teatro alla Scala, Accademia di Santa Cecilia e esibiva quali popolari presentatori Alberto Angela, Cristiana Capotondi e Luca Zingaretti.

Credo sia chiaro dunque che, data la proporzione ciclopica dell’evento, anche solo per il numero e l’importanza degli ospiti e la sua immensa diffusione, questo avesse come obiettivo quello di coinvolgere o incuriosire il maggior numero di persone possibile avvicinandole a un mondo, quello dell’opera lirica, tanto trascinante quanto ancora sconosciuto ai più, che spesso ancora ne sono infastiditi o intimoriti.

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Credo sia inutile allora il voler pesare col bilancino il livello artistico di una serata in cui la legge della diretta e della necessaria ed invasiva microfonazione impediva di fatto una qualsivoglia analisi veritiera della prestazione di questo o quell’artista che eseguiva poi solo una o due arie in quel contesto a dir poco particolare.

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Qualche osservazione credo sia comunque interessante farla.

Innanzitutto la macchina organizzativa areniana ha ben funzionato e quasi nessuna tensione è trapelata da una serata così difficile da gestire: questo costituisce certo motivo di grande apprezzamento per l’impegno di tutti i lavoratori della Fondazione.

Qualche critica si può invece rivolgere, a confronto poi con le riprese mozzafiato di una spettacolare Verona, allo stile che si è voluto adottare per pubblicizzare questo nostro Patrimonio dell’Umanità, scegliendo di trasmetterne un’immagine molto semplicistica ed antiquata, parlo in particolare dello spot televisivo, con una decisa caduta di tono.

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L’opera italiana è un’arte seria (come ben testimoniato da Riccardo Muti nel suo breve ed intenso intervento) e merita un giusto rispetto e una presentazione che possa veicolarne gli aspetti più profondi e drammatici: certi tagli estetici sono più adatti ad altri tipi di prodotti televisivi e, data la grande esperienza della Rai, aggiornare un po’ il look credo che, per il futuro, sarebbe un bel segnale; oggi si ricercano nuovi canali per pubblicizzare ogni tipo di prodotto… perché allora questa visione non si applica anche all’opera? Soprattutto se l’intento è quello di renderne la fruizione più giovane e contemporanea?

Sorvolando sulle amenità dei testi preparati per i malcapitati celebri conduttori imprigionati in una rete di ovvietà ed imprecisioni concentriamoci ora sulla serata musicale cercando di estrapolarne le note di particolare interesse.

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Riccardo Muti, per gesto, autorevolezza ed esperienza era certamente il Direttore più adatto a guidare la gigantesca compagine orchestrale che mostrava di seguirlo con attenzione in un programma scelto con cura dal nostro repertorio che, partendo dal Guglielmo Tell rossiniano, si chiudeva con la gloriosa prosopopea del Mefistofele di A. Boito. Una carrellata eseguita con vigore, severità e grande senso di compattezza ed armonia che perfettamente venivano a combaciare con lo spirito della serata.

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Sul palco si alternavano alcuni tra i più grandi artisti del panorama lirico internazionale (grande assente Anna Netrebko per indisposizione) e, a rappresentare la danza, Roberto Bolle e Nicoletta Manni che hanno regalato al pubblico (attraverso un passo a due ed un a solo) momenti di commovente e forte intensità.

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La scelta scenografica di Filippo Tonon si muoveva in sintonia con le esigenze televisive, collocando i cantanti in diversi spazi areniani da soli o nello spazio tradizionalmente dedicato all’orchestra in compagnia di figuranti, colleghi o elementi di attrezzeria.

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Così le gradinate accoglievano Jonas Kaufmann (un intenso Cavaradossi “E lucevan le stelle“), Jessica Pratt (la cui Casta Diva risultava un po’ disturbata dagli invasivi fumi dei braceri posti ai suoi piedi), Francesco Meli (raffinato Nemorino “Una furtiva lagrima”) , Gianluca Buratto ( “Vecchia zimarra”), Vittorio Grigolo ( intemperante Calaf “Nessun dorma”), Juliana Grigoryan (Musetta “Quando me’n vo”), Mariangela Sicilia (amorevole Lauretta “O mio babbino caro”), Galeano Salas ( Manrico “Di quella pira”) e Ludovic Tézier ( dolente Gerard “Nemico della patria”). Nel golfo mistico si esibivano invece Rosa Feola (Liù “Tu che di gel sei cinta”) e, in forma semi-scenica, Nicola Alaimo (trascinante Figaro “Largo al Factotum”), Aigul Akhmetshina (spigliata e disinvolta Carmen Les tringles des sistres tintaient”), Eleonora Buratto (Ciò Ciò San “Un bel dì vedremo”), Juan Diego Flórez (nella duplice veste di Rodolfo “Che gelida manina” e del Duca di Mantova “ La donna è mobile “), Brian Jagde (Canio “Recitar!… Vesti la giubba”) e Luca Salsi (insidioso Scarpia “Va’ Tosca… Te Deum”).

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Chiudevano la serata Vittorio Grigolo e Rosa Feola con il classicissimo “Libiamo ne’ lieti calici” .

Mariangela Sicilia e Luca Salsi interpretavano Giulietta “Oh! quante volte, oh quante” e Rigoletto “Cortigiani, vil razza dannata” in due interventi trasmessi durante l’intervallo della serata registrati in due iconici monumenti veronesi quali il celebrato balcone di Giulietta e gli spalti del Ponte scaligero.

Di scarso effetto drammatico le coreografie di Massimiliano Volpini (“Dies irae” dal Requiem  e Marcia Trionfale da  Aida) .

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Ben equilibrata tra le due differenti parti che distinguevano il repertorio sinfonico da quello vocale e tersicoreo la poderosa serata giungeva così al suo termine tra gli applausi del pubblico che gremiva l’anfiteatro, riunito per festeggiare un patrimonio che è di tutti e che in fondo ancora ci rappresenta.

Silvia Campana

 

 

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