GENOVA: A Midsummer night’s dream – Benjamin Britten, 13 ottobre 2023 a cura di Silvia Campana

GENOVA: A Midsummer night’s dream – Benjamin Britten, 13 ottobre 2023 a cura di Silvia Campana

  • 22/10/2023

A MIDSUMMER NIGHT’S DREAM

Due coppie di innamorati vivono grandi contrasti ma è un folletto a trovare una soluzione grazie alla magia
Opera in tre atti di Benjamin Britten
su libretto proprio e di Peter Pears,
dalla commedia di William Shakespeare


Maestro concertatore e direttore d’orchestra Donato Renzetti

Regia Laurence Dale

 

Personaggi e interpreti:

  • Oberon Christopher Ainslie
  • Tytania Sydney Mancasola
  • Puck Matteo Anselmi
  • Theseus Scott Wilde
  • Hippolyta Kamelia Kader
  • Lysander Peter Kirk
  • Demetrius John Chest
  • Hermia Hagar Sharvit
  • Helena Keri Fuge
  • Bottom David Shipley
  • Quince David Ireland
  • Flute Seumas Begg
  • Snug Sion Goronwy
  • Snout Robert Burt
  • Starveling Benjamin Bevan
  • Cobweb Michela Gorini
  • Peasebossom Sofia Macciò
  • Mustardseed Lucilla Romano
  • Moth Eliana Uscidda
  • Changeling Francesco Pagliarusco

Mimo acrobata Davide Riminucci

Mimi Armando De Ceccon, Francesco Tunzi

 

Scene e costumi Gary McCann

Coreografia e regista collaboratore Carmine De Amicis

Luci John Bishop

Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova
in collaborazione con Royal Opera House di Muscat (Oman)

Orchestra, Coro di voci bianche e Tecnici dell’Opera Carlo Felice
Maestro del Coro di voci bianche Gino Tanasini

Teatro Carlo Felice, 13 ottobre 2023


Il teatro Carlo Felice sceglie quale titolo inaugurale della sua Stagione lirica 2023/2024 A Midsummer night’s dream di Benjamin Britten siglando così l’inizio di un percorso tanto ambizioso quanto significativo per l’Ente genovese.

photo©Marcello Orselli

Decidere un titolo d’apertura così lontano dal repertorio italiano più consolidato la dice lunga infatti sulla volontà, da parte della direzione del teatro, di voler riannodare le connessioni internazionali da sempre caratterizzanti il suo territorio. Genova è sempre stata infatti terra aperta, ad onta della sua fama, e pronta ad impostare collaborazioni e scambi con altre tradizioni culturali, questa decisa mossa da parte del suo teatro è apparsa dunque tanto brillante quanto coraggiosa, anche alla luce del programma così attento alle nuove generazioni che il Carlo Felice sta sempre più incentivando.

Ed è stato proprio il percorso di quattro giovani che scappano di casa per ribellione ad un’autorità che non ne comprende le aspettative e che andranno a smarrirsi in una rete di sogni (o incubi?) a presentarsi al pubblico genovese la sera della prima, attraverso una produzione raffinata e dall’indubbio fascino.

photo©Marcello Orselli

Questo nuovo allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova, sorto in collaborazione con la Royal Opera House di Muscat (Oman) ha infatti l’indubbio pregio di porsi con grande coerenza rispetto alla partitura, potenziandone con raffinata artigianalità i principale aspetti.

La composizione che Britten creò sul fedele adattamento da lui tratto insieme a Peter Pears dal testo shakespeariano, pur non essendo di immediato ascolto per il grande pubblico, conosce infatti una sua potente malia seduttiva che, anche grazie ad alcune precise scelte compositive (l’affidamento del personaggio di Oberon ad un contraltista così come le fate e gli elfi interpretate da un coro di voci bianche), accentua l’aspetto onirico della pièce nelle sue più svariate implicazioni.

photo©Marcello Orselli

Forse aiutato dal suo passato di tenore e sensibile uomo di teatro il regista Laurence Dale, in virtuosa collaborazione con Gary McCann (i cui magnetici costumi e le visionarie scene vengono illuminate con giusta maestria da John Bishop), definisce un mondo brumoso ed impalpabile in cui ogni singolo dettaglio nasce e cresce con il dramma.

Il maggior pregio di questa produzione di impianto marcatamente britannico è consistito infatti proprio nella fedeltà alla scuola teatrale inglese in cui sempre e comunque sono la parola ed il gesto a comandare e l’essere attore non è mai secondo alla musica ma anzi va a supportarne la potenza.

photo©Marcello Orselli

Così lo spazio scenico si schiude su un bosco perennemente in movimento attraverso binari nascosti che ne svelano ad ogni quadro diverse prospettive, creando scorci di grande suggestione estetica che sembrano a tratti veicolare il magico passaggio da una stagione ad un’altra. A rendere però il concetto teatralmente ancor più interessante è il lavoro sui costumi (che sembrano nella loro magnetica immediatezza provenire dai laboratori di un asilo anglosassone in cui il riciclo si innesta alla genialità infantile) e sullo spazio scenico stesso al quale una cornice di neon dai colori cangianti definisce contemporanea identità artistica: così tra il fascino di un teatro di marionette ed una installazione contemporanea si è incuneata la potenza del testo del poeta inglese, da Pears solo parzialmente ridotto alla ricerca di una maggiore e funzionale scorrevolezza teatrale.

In tale raffinato contesto perfettamente si è inserita la prova di un cast eccellente assai ben coreografato dal regista e dal lavoro di 
Carmine De Amicis.

photo©Marcello Orselli

Christopher Ainslie ha offerto un ritratto di Oberon assai ben risolto attraverso le sonorità quasi metafisiche del suo timbro andandone a sottolineare gli aspetti più ludici a scapito forse di quell’inquietante magnetismo che ben gli appartiene.

Molto precisa e suadente nella sua disincantata malia Sydney Mancasola ha ben tratteggiato la sua Tytania.

Carismatico e dall’irresistibile magnetismo il funambolico Puck (anche di fatto in quanto una corda lo portava a tratti a librarsi in palcoscenico) delineato con sorniona disinvoltura dall’attore Matteo Anselmi.

Assai bene anche il quartetto degli amanti: 
Peter Kirk (Lysander), Hagar Sharvit (Hermia), John Chest (Demetrius) e Keri Fuge (Helena) sono apparsi a proprio agio con la loro vocalità, ben modellandola a contatto con i personaggi, risolti peraltro in maniera sempre teatralmente impeccabile.

photo©Marcello Orselli

Perfettamente inseriti in quell’aspetto che nel teatro inglese, ed in quello di Shakespeare in particolare, innesta il linguaggio tecnico teatrale nel teatro stesso si sono mossi in equilibrata sinergia e quali consumati attori i sei rustici David Shipley (Bottom), David Ireland (Quince), Seumas Begg (Flute), Sion Goronwy (Snug), Robert Burt (Snout) e Benjamin Bevan (Starveling)
calibrando e dosando la loro timbrica a contatto con le loro singole parti comiche senza mai precipitarle nel caricaturale e nel grottesco ma sempre ricercandone il raffinato appeal comico tutto British.

photo©Marcello Orselli

Bene anche la coppia Theseus (Scott Wilde) e Hippolyta (Kamelia Kader) così come le fate Cobweb di Michela Gorini, Peasebossom
di Sofia Macciò, Mustardseed
di Lucilla Romano e Moth
di Eliana Uscidda.

Molto suggestivo anche il lavoro del mimo acrobata Davide Riminucci impegnato a librarsi acrobaticamente in palcoscenico quale Puck .

A posto il Coro di Voci bianche del teatro Carlo Felice diretto da Gino Tanasini.

Alla guida dell’orchestra del Teatro Carlo Felice Donato Renzetti si portava con la consueta professionalità creando un impalpabile e raffinato tessuto armonico dalle cangianti sfumature.

photo©Marcello Orselli

Teatro gremito e pubblico entusiasmo per questa virtuosa prima, speriamo foriera di sempre nuovi traguardi per il teatro genovese.

Silvia Campana

 

 

 

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