FERRARA: Maria de Buenos Aires – Astor Piazzolla  18 dicembre 2021, a cura di Matteo Cucchi

FERRARA: Maria de Buenos Aires – Astor Piazzolla 18 dicembre 2021, a cura di Matteo Cucchi

  • 21/12/2021

MARIA DE BUENOS AIRES

musica di

Astor Piazzolla

testo di

Horacio Ferrer

Direttore Jacopo Rivani

Regia Carlos Branca

Personaggi e Interpreti:

  • María Martina Belli
  • Payador Ruben Peloni
  • El Duende Daniel Bonilla-Torres 

Bandoneon Davide Vendramin

Orchestra Arcangelo Corelli

danzatori Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto coordinamento produttivo danza
MM Contemporary Dance Company 

coreografo Michele Merola

scenografia Giulio Scutellari e Carlos Branca

disegno luci Marco Cazzola

costumi Carla Mellini

coproduzione Teatro Comunale di Ferrara, Ravenna Festival, Teatro Marrucino di Chieti, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Verdi di Pisa

con il Patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica Argentina in Italia

 

Teatro Comunale Claudio Abbado


Buenos Aires 8 maggio 1968: l’opera tango Maria de Buenos Aires, frutto del sodalizio artistico tra il compositore italo-argentino Astor Piazzolla e il poeta Horacio Ferrer che ne cura il libretto, viene presentata per la prima volta al pubblico del Teatro Colón. L’innovazione stilistica apportata ad un genere, il tango, considerato sacro, viene stroncata dallo spirito conservatore della critica così come dall’accoglienza del pubblico. Il nuevo-tango è vissuto al pari di un tradimento nei confronti del tango tradizionale. Si dovranno attendere circa trent’anni prima che Milva, musa del compositore alla quale verrà poi dedicato il capolavoro, vestendo i panni di Maria per interpretarne i suoi brani più famosi, porterà ad un riscatto pur mai completo. Nemo propheta in patria, è il caso di dirlo.

MARIA DE BUENOS AIRES – foto di Zani-Casadio

In occasione del centenario dalla nascita di Astor Piazzolla, il Teatro Comunale di Ferrara “Claudio Abbado” ha aperto il sipario trasportando il pubblico in una Buenos Aires concettuale imbrigliata dallo scheletro di un’impalcatura che ne sostiene i muri pericolanti; un ponteggio che simboleggia la gabbia, di cui sono prigionieri i protagonisti, gli abitanti della città, ma anche il perpetuo divenire del centro urbano. Un divenire che è però chiuso in un ciclo di costruzione, demolizione e ricostruzione che paradossalmente non conduce ad alcuno sviluppo così come la rinascita continua di Maria non porta a null’altro che alla sua ineluttabile perdizione e dipartita; Buenos Aires, è così come Maria, ingabbiata in un nietzschiano ciclo di morte, corruzione e rinascita.

MARIA DE BUENOS AIRES – foto di Zani-Casadio

La scena di Giulio Scutellari, coadiuvato negli intenti dal regista Carlos Branca, supportata dalle luci di Marco Cazzola, porta lo spettatore a focalizzare l’attenzione sugli interpreti, esaltando la vivacità della danza efficacemente eseguita dalla MM Contemporary Dance Company. Poca l’attrezzeria, ma sapientemente impiegata e funzionale allo scopo. I veri protagonisti sono gli abitanti dei sobborghi (i danzatori); all’apparenza il contesto è poco significativo rispetto alla percezione che ne ha la popolazione ivi imprigionata. In questo contesto onirico anche l’ottima Orchestra Arcangelo Corelli, diretta dall’altrettanto ottima bacchetta di Jacopo Rivani, è collocata tra i tubi (o meglio, le sbarre) dell’impalcatura che impera sul palcoscenico, piuttosto che nella convenzionale buca. Tutto è dunque parte integrante di un’unica realtà senza via d’uscita: la musica, il ballo, la violenza, la prostituzione, la morte e la rinascita.

MARIA DE BUENOS AIRES – foto di Zani-Casadio

Il disegno dei costumi, pur belli, di Carla Mellini non facilita la lettura di un’opera che già di per sé comunica attraverso la non facile poetica avanguardista e ornamentata di metafore ed allegorie. Canta bene il mezzosoprano Martina Belli nella parte di Maria, scegliendo la via di un’interpretazione vittimistica per un personaggio che ci si sarebbe aspettati più combattivo. Ruben Peloni nel ruolo del Payador, fa del suo meglio nell’affrontare il ruolo da baritono pur non possedendone le specifiche tecniche.

MARIA DE BUENOS AIRES – foto di Zani-Casadio

Daniel Bonilla-Torres ne El Duende, ricopre il ruolo della voce narrante con professionalità, ma sceglie anch’esso una linea di minor enfasi, quasi dimesso nel porre gli accenti necessari sui forti colori con cui l’autore ha saputo dipingere la storia di Maria. Tutto funziona comunque bene, ma come in un buon derivato tendente al gusto chic.  L’interazione tra protagonisti e le danzatrici è poco chiara, anche se a livello estetico interviene la sapiente e ben eseguita coreografia di Michele Merola.

MARIA DE BUENOS AIRES – foto di Zani-Casadio

Resta da dire dell’ottimo bandoneon di Davide Vendramin, scelta non certo facile dove spesso ci si contenta della più comune fisarmonica. Un valore aggiunto, ma anche il dovuto tributo all’autore nel centenario dalla sua nascita.

MARIA DE BUENOS AIRES – foto di Zani-Casadio

Buona l’affluenza del pubblico che ha quasi totalmente gremito il teatro per un titolo non certo popolarissimo, segno di una particolare attenzione per la cultura da parte dei cittadini ferraresi.  Buono anche l’indice di gradimento come dimostrato dai calorosi applausi alla ribalta finale.

Matteo Cucchi

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