PARIGI: Hamlet – Ambroise Thomas, 11 marzo 2023 a cura di Jorge Binaghi

PARIGI: Hamlet – Ambroise Thomas, 11 marzo 2023 a cura di Jorge Binaghi

  • 15/03/2023

Hamlet

opera in 5 atti di Ambroise Thomas

su libretto di Michel Carré e Jules Barbier

rappresentata all’Opéra de Paris il 9 marzo 1868


Direttore d’orchestra Pierre Dumoussaud

Regia Krzysztof Warlikowski

Personaggi e Interpreti:

  • Hamlet: Ludovic Tézier
  • Ophélie: Lisette Oropesa
  • La reine Gertrude: Eve-Maud Hubeaux
  • Claudius, roi de Danemark: Jean Teitgen
  • Laërte: Julien Behr
  • Le Spectre du roi: Clive Bayley
  • Marcellus: Julien Henric

 

Opéra Bastille, 11 marzo 2023


Assente dall’Opéra di Parigi dal 1939 (non da altri teatri, dove, ad esempio, c’è stata una versione più che notevole con la memorabile Ofelia – Ophélie – di Natalie Dessay) ritornava finalmente Hamlet, il titolo che insieme a Mignon è riuscito a fare che il nome del loro autore, Ambroise Thomas, sia qualcosa in più di una voce dei dizionari della lirica. Si può discuterne il valore intrinseco, non l’importanza (ricordiamo che fino agli anni ’30 dello scorso secolo erano appannaggio di grandi artisti – non solo cantanti – che li portavano in giro; ancora nel 1949 niente meno che in Messico cantavano la seconda Simionato, Di Stefano e Siepi…in italiano).

Hamlet
Avant-première

Si è trattato dunque di una grande occasione, un po’ appannata per la scelta di affidare il nuovo allestimento all’eterno “enfant terrible” (poco “enfant” oggi) Krzysztof Warlikowski e i suoi collaboratori di sempre, in primis la anch’essa ineffabile Malgorzata Sczesniak (per le scene e costumi). Ovviamente si è avuto lo scandalo dei fischi e buh a fine spettacolo che immagino fossero non solo scontati conoscendo la tradizione delle prime di questi artisti ma anche ricercati: si sa, i fischi fanno pubblicità e sono il marchio di modernità delle regìe contro un pubblico becero che non capisce niente e vuole solo cose note e “belle”.

Premetto che sono contro i fischi perché: a) non risolvono niente; b) non “educano” chi dovrebbe rifletterci sul serio e, se “sbagliati”, aumentano l’insicurezza di artisti coscienti. Detto questo, non era la peggiore delle sue proposte (sempre inarrivabili l’Iphigénie en Tauride e Le roi Roger), anche se aveva la nota distintiva della bruttezza in questo caso anche un po’ facile. Fare di un dramma come Hamlet qualcosa che si svolge in un manicomio dove il protagonista è chiuso si è visto parecchio in teatro (anche lirico, forse non per questo raro titolo in particolare).

Hamlet
Avant-première

Dopo il primo leggiamo una scritta che dice “venti anni prima” (immagino che non si tratti di allusione alla seconda parte dei Tre Moschettieri) e alcuni personaggi sono identici, altri più giovani (il principe e la madre, che non è più sulla sedia a rotelle incapace di capire) e allora ci raccontano in modo comprensibile ma privo di calore e d’interesse la storia come la si conosce (fino al “lieto” fine con il principe che diventa re ma poco contento).

Ovviamente abbiamo una scena unica, ovviamente Ophélie annega in una vasca come si poteva prevedere dall’inizio. Ovviamente le scene sono volutamente brutte ma non quanto alcuni abiti (i peggiori quelli della povera Ophélie, ma lo spettro come una specie di Arlecchino e Laerte un po’ playboy degli anni Cinquanta – tipo Howard Hughes – le facevano una concorrenza sleale).

Opéra national de Paris
HAMLET

I movimenti del balletto durante la follia della protagonista erano parecchio ridicoli e arrivavano al livello di fastidio che, scontato pure, si raggiungeva durante lo spettacolo teatrale che Hamlet presenta per confermare i suoi sospetti, compreso il lavoro di un ottimo sassofonista (non so se Thomas sarebbe stato molto d’accordo ma è morto e quindi…). Sto meditando seriamente di fare come un collega tedesco che quando vede inezie dice semplicemente “mi rifiuto di perdere il tempo” e aggiungo io “di fare che pure gli altri lo perdano”. Scusate. Passiamo al sodo.

Per fortuna l’aspetto musicale era molto diverso. Il maestro concertatore (credo che all’inizio ci fosse un nome più noto ma poco o niente avezzo a questo repertorio) faceva bene. E’giovane Pierre Dumoussaud e probabilmente crescerà in futuro, ma ha ottenuto un buon equilibrio tra palcoscenico e buca, non ha coperto mai le voci e forse è stato un po’ impersonale (o magari, come dicono in tanti, questo difetto sia quello della musica di Thomas). L’Orchestra si mostrava in ottima forma e così pure il coro, questa volta preparato da Alessandro Di Stefano in una delle sue migliori prove.

 Sugli scudi la prova del protagonista, ovvero il grande Ludovic Tézier (aveva interpretato la parte agl’inizi della sua immensa carriera, a Tolosa e a Torino). Oggi risulta ancora più completo: la voce non ha perso ma acquistato volume, colore, estensione ed è sempre rigogliosa; in quanto a espressività, che alcuni a torto secondo me continuano a negargli, è la classe di artista (e ricordiamoci che si tratta sempre di un baritono, cioè un cantante lirico) che fa passare tutto attraverso la voce. Quando si muove lo fa bene ma bisogna essere attenti alle sfumature, le mezzevoci, i piani, non si tratta solo di acuti, centri e gravi che più omogenei di così ve li sognate. Non solo un monologo, un brindisi, un’aria, ma le frasi in disparte, i duetti, i concertati…

Opéra national de Paris
HAMLET

Al suo fianco straordinaria la prova dell’ Ophélie di Lisette Oropesa, come ogni volta che affronta il repertorio francese: di notevole rilievo (malgrado fosse vestita da un “nemico”) e da brava artista s’impegnava a fare con risolutezza tutte le scemenze ideate per lei dal regista. Cantava stupendamente non solo la scena della pazzia ma anche la prima aria, i duetti e i concertati anch’essa, e a sipario alzato era colei che otteneva l’applauso più lungo e strepitoso. Qui, non per fare raffronti oziosi e ridicoli, vorrei dedicare un ricordo grato ed emozionato all’immensa Dessay che ho avuto la fortuna di vedere due volte in questo ruolo a Parigi e Londra

Eve-Maud Hubeaux trova nella regina Gertrude quello che è senza forse il ruolo che più si addice alla sua vocalità e la sua grande padronanza scenica. L’avevo già vista a Barcellona e solo mi è sembrata un po’ esagerata l’emissione delle note più gravi, che il mezzosoprano possiede naturali.

Bene, anche se mi aspettavo di più da lui, il re colpevole, Claudius, incarnato da Jean Teitgen: i mezzi vocali sono doviziosi ma forse la regia non l’aiutava e il personaggio risultava opaco.

Il Laerte di Julien Behr confermava la buona impressione di anteriori prestazioni. Peccato che dopo il suo arioso e qualche frase non abbia molto da fare. Sempre meglio che il poco che Thomas lasciava a Polonius, qui Philippe Rouillon, un veterano che ricordo in migliori e più importanti ruoli a Liegi.

Buono lo spettro di Clive Bayley, pure se conciato nel modo di cui abbiamo detto. Nei ruoli più piccoli si facevano onore il noto Frédéric Caton (Horatio) e i giovani Julien Henric (Marcellus) e in particolare i due becchini, Alejandro Baliñas Vieites e Maclej Kwasnikowski. Molto pubblico sebbene alla prima non fosse tutto esaurito.

Jorge Binaghi

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