VALENCIA: Les contes d’Hoffmann – Jacques Offenbach, 31 gennaio 2022 a cura di Jorge Binaghi

VALENCIA: Les contes d’Hoffmann – Jacques Offenbach, 31 gennaio 2022 a cura di Jorge Binaghi

  • 04/02/2022

LES CONTES D’HOFFMANN

Jacques Offenbach

 

Dirttore Marc Minkowski
Regia Johannes Erath

Personaggi e Interpreti:

  • Olimpia/Antonia/Giulietta/Stella Pretty Yende
  • Nicklausse/La Muse Paula Murrihy
  • La voix de la tombe Eva Kroon
  • Hoffmann John Osborn
  • Lindorf/Coppelius/Le Docteur/Le Capitaine Alex Esposito
  • Spalanzani Moisés Marín
  • Crespel/Maître Luther Tomislav Lavoie
  • Schlémil Isaac Galán
  • Andrès/Cochenille/Frantz/Pittichinaccio Marcel Beekman
  • Nathanaël Roger Padullés
  • Hermann, Wilhelm, Le capitaine des Sbires Tomeu Bibiloni

Scene Heike Scheele
Costumi  Gesine Völlm
Luci Fabio Antoci
Video Alexander Scherpink
Drammaturgia Anne Gerber
Coro Generalitat Valenciana
Direttore del coro Francesc Perales
Orchestra Comunitat Valenciana

Production of Semperoper de Dresde

Palau de les Arts Reina Sofía, 31 gennaio 2022


‘Les contes d’Hoffmann’, de Jacques Offenbach. Palau de Les Arts Fotografías Miguel Lorenzo y Mikel Ponce

Per fortuna in Spagna il capolavoro estremo di Offenbach si suol vedere con relativa frequenza. Nella presente stagione è appena andato in scena al Palau de Les Arts de Valencia, dove ha avuto grande successo di pubblico e critica, che non è dir poco con un titolo poi così difficile, complesso e suscitatore di polemiche già dal punto di vista dell’edizione scelta. Come si sa l’autore è morto “prima della prima” con non pochi dubbi sul materiale da scegliere o da scartare. Io, come tanti, siamo stati abituati alla versione ‘tradizionale’ di Choudens che adesso è anatema. Personalmente, la sola cosa che mi disturba è la riduzione di Nicklausse/La Musa a un comprimario di lusso. Altrimenti capisco tutte le ragioni filologiche e magari anche artistiche ma mi rincresce assai perdere l’aria del baritono e il concertato del terzo atto (che continua a essere comunque il più discusso e in tutto e per tutto il meno felice – si parla pur sempre di un capolavoro).

‘Les contes d’Hoffmann’, de Jacques Offenbach. Palau de Les Arts Fotografías Miguel Lorenzo y Mikel Ponce

Marc Minkowski sceglieva, come sempre, l’edizione più completa, quella di Kaye e Keck, e quindi anche con un soprano liricoleggero per i quattro ruoli femminili (sebbene Stella non abbia praticamente nulla, Giulietta soprattutto ha un’aria – non da perdere la testa – e altri momenti). Se posso accettare il basso o bassobaritono per i quattro diavoli (anche tralasciando ‘Scintille, diamant’- comunque sempre una bellissima aria, ma per baritono – per una canzone con quasi le stesse parole, efficace ma di poco “glamour”), questa soluzione non mi è mai piaciuta. Le donne sono molto diverse tra di loro, e se Stella magari può essere abbinata alle tre o a una, tra Olympia, Antonia e Giulietta non esistono elementi similari e non sarò mai convinto che il timbro di una possa rendere bene il carattere delle altre (anche nel caso d’interpreti storiche e/o gloriose, da Vina Bovy in poi).

‘Les contes d’Hoffmann’, de Jacques Offenbach. Palau de Les Arts Fotografías Miguel Lorenzo y Mikel Ponce

La bacchetta di Minkowski con la magnifica orchestra della Comunitat Valenciana ha dato una versione straordinaria della partitura, superiore in energia e contrasti a quella che ebbi anche la fortuna di vedere – in forma di concerto – alla Salle Pleyel di Parigi tempo fa. È stato lirico, ironico, misterioso, imponente e i professori dell’orchestra hanno seguito ogni suo gesto, ogni sua indicazione. Meglio di così…

Il coro preparato da Francesc Perales è sempre buono ma questa volta in alcuni momenti sembrava un po’ ruvido e lo si ascoltava parecchio “forte”.

‘Les contes d’Hoffmann’, de Jacques Offenbach. Palau de Les Arts Fotografías Miguel Lorenzo y Mikel Ponce

La messinscena veniva dalla Semperoper di Dresda per la regìa di Johannes Erath: complicata sì, ma facile da seguire e capire, con delle belle scene di Helke Scheele e costumi di Gesine Völlm. Le luci (qualche volta accecanti) erano di Fabio Antoci. Il lavoro sui personaggi era ottimo, particolarmente felice nel caso dei diavoli e dei quattro servitori. Ho trovato Nicklausse troppo Musa e non so se fosse nelle intenzione del regista ma ho avuto la sensazione di una complicità tra Musa e diavoli (soprattutto Lindorf) nel fallimento dei rapporti amorosi del poeta.

‘Les contes d’Hoffmann’, de Jacques Offenbach. Palau de Les Arts Fotografías Miguel Lorenzo y Mikel Ponce

John Osborn è da tempo un protagonista di riferimento. Ultimamente non vedo che lui in questo ruolo smisurato e difficile, e arriva sempre alla fine senza segni di stanchezza né fisica né vocale e viene a capo di tutte le molte difficoltà che per lui sembrano non esistere o quasi. Ha tratteggiato un poeta “alcolico”, immaturo ma da compiangere nella ricerca impossibile della felicità (se ben si guarda la “morale” di questa favola risulta alquanto amara: gli artisti non possono avvere rapporti sentimentali come gli altri esseri umani. Si dedicano alla propria arte e solo nella creazione possono realizzarsi. Molto romantico come concetto ma mi pare che oggi ancora per molti – artisti e no – questo sia qualcosa di scontato).

‘Les contes d’Hoffmann’, de Jacques Offenbach. Palau de Les Arts Fotografías Miguel Lorenzo y Mikel Ponce

L’antieroe è il diavolo, o i quattri spirti maligni. Alex Esposito ne ha fatto qualcosa d’impressionante e non è stato fermo neanche per un secondo. Perfido, cinico, ironico, risentito, sicuramente il Docteur Miracle è stata la perla del suo lavoro, ma come dimenticare il suo Lindorf, il suo Dappertutto, il suo Coppélius? Bel colore da basso, omogeneo, senza limitazioni, ha avuto anch’esso un meritato trionfo.

Come l’ha avuto il tenore caratterista Marcel Beekman nei panni dei quattro servitori, anch’esso formidabile artista che ha spiccato sempre ma naturalmente soprattutto nei couplets di Frantz.

‘Les contes d’Hoffmann’, de Jacques Offenbach. Palau de Les Arts Fotografías Miguel Lorenzo y Mikel Ponce

Pretty Yende è stata molto applaudita. Forse non ha più i sovracuti per la bambola, ma l’ha cantata e interpretata bene. Pure le altre ma con dei distinguo: la voce è metallica, il timbro anonimo e di pochi colori, gli acuti fissi, e già per Giulietta questo pone un problema, ma quando si tratta di Antonia e non si sente un solo piano nell’aria di sortita si resta perplessi. Poi canta bene e perfino muore con un bel trillo. Oggi poi che si guarda tanto al lato teatrale di un cantante (non io personalmente, ma parlo di una tendenza più che ovvia) direi che proprio per Antonia non ci siamo.

‘Les contes d’Hoffmann’, de Jacques Offenbach. Palau de Les Arts Fotografías Miguel Lorenzo y Mikel Ponce

Bravissimi per una volta tutti ma tutti i personaggi secondari, a cominciare dalla voce della Madre di Antonia di Eva Kroon, del Crespel e Luther di Tomislav Lavoie, un buon Schléml (Isaac Galán), un divertentissimo Spalanzani (Moisés Marin) e gli studenti di Roger Padullés e Tomeu Bibiloni.

No, non ho dimenticato Nicklausse/la Musa. Paula Murrihy è molto disinvolta e canta piuttosto bene, ma, esattamente come nel suo Compositore dell’ Arianna a Nasso di Barcellona, si capisce sì che è nata per i ruoli “en travesti’ ma non che tipo di voce abbia, corta in acuto, di grave scarso e un colore indefinito.

Jorge Binaghi

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