PARIGI: Peter Grimes – Benjamin Britten, 24 febbraio 2023 a cura di Jorge Binaghi

PARIGI: Peter Grimes – Benjamin Britten, 24 febbraio 2023 a cura di Jorge Binaghi

  • 06/03/2023

PETER GRIMES

opera in un prologo e tre atti prologue and three acts (1945)

musica

Benjamin Britten

libretto

Montagu Slater

Direttore d’Orchestra Alexander Soddy
Regia Deborah Warner

Personaggi e Interpreti:

  • Peter Grimes Allan Clayton
  • Ellen Orford Maria Bengtsson
  • Captain Balstrode Simon Keenlyside
  • Auntie Catherine Wyn-Rogers
  • First Niece Anna-Sophie Neher
  • Second Niece Ilanah Lobel-TorresPeter
  • Bob Boles John Graham-Hall
  • Swallow Clive Bayley
  • Mrs. Sedley Rosie Aldridge
  • Reverend Horace Adams James Gilchrist
  • Ned Keene Jacques Imbrailo
  • Hobson Stephen Richardson

Scene Michael Levine
Costumi Luis F. Carvalho
Luci Peter Mumford
Video Justin Nardella
Coreografie Kim Brandstrup
Maestro del Coro Ching-Lien Wu

 

Palais Garnier, 24 febbraio 2023


IL POPOLO CONTRO PETER GRIMES

Questa coproduzione con Londra e Madrid (dove l’ho vista un anno fa) ha avuto un successo strepitoso non solo tra la critica ma anche tra il pubblico che ha riempito il Palais Garnier per tutte le repliche con gente in attesa per un biglietto e in stato di fibrillazione come in certi momenti e teatri del passato, ma solo per quanto riguardava titoli del cosiddetto “grande repertorio”. Ma per Peter Grimes mai visto prima di questa volta. Non so se la situazione sarebbe stata la stessa se la grande opera di Bennjamin Britten fosse stata presentata a la Bastille, ma è certo che avrebbe avuto più possibilità che alcuni titoli “gloriosi” presentati in forma mediocre. Sarebbe bello che i teatri lasciassero riposare un po i ‘grandi’ (Verdi, Wagner, Mozart, Rossini e quant’altri) se non sono capaci di fargli onore e cercassero di fare più, che so io, Britten e Janáček, che insieme al barocco oggi hanno molti più interpreti capaci di darci un’idea più che adeguata dei compositori.

Photo : Vincent PONTET

L’allestimeno di Deborah Warner mi è sembrato funzionare ancor meglio che a Madrid anche avendo gli stessi due protagonisti. Già dalla barca appesa dall’inizio alle scene iniziali e finali di quel villaggio cupo, ipocrita, feroce, incapace di mettere in atto la predica della messa domenicale che nessuno, tranne gli “autoesclusi” salta, dove si finge che niente sia successo (assenti solo la maestra e l’“amico” del capro espiatorio che affonda con la nave in mare e che è “troppo lontana per inviare aiuto” – forse oggi sarebbe qualcosa di sovversivo in un certo paese europeo che lascia affondare altro tipo di nave -).

E siamo non all’epoca di Britten né prima ma al mondo di oggi, come vestiti e droghe fanno capire. Luci ed interpreti fantastici fanno il resto e operano il miracolo di un silenzio sepolcrale tra il pubblico – benché qualche cellulare, in perfetto silenzio, cerchi di scattare una foto o di più e qualche essere nevrotico non possa evitare di consultare i suoi importantissimi messaggi disturbando i vicini – e un’ovazione che esplode prima della pausa e ancora più scrosciante a fine spettacolo.

Allan Clayton, malgrado verso la fine si percepisse una certa fatica, si conferma un grande Grimes dei nostri giorni (è preferibile e più sensato non dire ‘il’): voce, interpretazione, perfino la figura fanno di lui l’ideale per una parte difficilissima che può ammettere approcci molto diversi (se si pensa al creatore della parte, Peter Pears, la differenza non può essere maggiore).

Photo : Vincent PONTET

Maria Bengtsson si mostrava più a suo agio nei panni di Ellen che a Madrid anche se la sua voce mostra dei limiti nel secondo atto, ma era brava nel primo e corretta nel terzo. Conosce bene l’allestimento e fornisce una buona (non memorabile) interpretazione della maestra (possibile che in tutte le foto del programa – per fortuna non nel libretto o nelle note o articoli – il cognome Orford si veda deformato in Oxford? Un errore inaccettabile davvero).

E c’è poi un terzo coprotagonista meno importante degli altri due.  Balstrode non sembra richiedere un grande artista anche se quasi sempre è stato appannaggio di bravi baritoni di madrelingua. In fondo è una parte che avrebbe meritato uno sviluppo maggiore e così com’è risulta ingrata. Non però se si trova nei gesti e la vocalità del grande Simon Keenlyside (se non sbaglio il suo debutto nel ruolo): allora il personaggio acquista un rilievo quasi incredibile, e così la fine del secondo atto, in totale silenzio e con pochi movimenti sobri ma uno sguardo penetrante, toglie il respiro (non si è trattato di un caso isolato il mio). Lo stesso dicasi del “freddo” (per carità) saluto finale dopo aver consigliato “seccamente” il suicidio: “Good bye, Peter” è stato un vero incubo per molto tempo dopo lasciare il teatro.

I “comprimari” (mai una parola poco adeguata come qui) per la maggior parte sono gli stessi che hanno partecipato ad altre riprese, e tanto per fare qualche nome,  John Graham Hall era un Boles impressionante, Catherine Wyn-Rogers che prima indossava i panni della repulsiva Mrs. Sedley (e ne faceva una creazione) si calava adesso in quelli più umani di Auntie, ma Rosie Aldridge, con un’aria che faceva pensare un po’ a la Miss Marple di Angela Lansbury non la faceva rimpiangere nel ruolo prima citato.

Photo : Vincent PONTET

Tutti comunque erano bravissimi nella ricreazione di quel villaggio (The Borough è il titolo originale) infernale, dispotico e alla fine assassino che – lo dicono letteralmente -distrugge senza pietà chi non si sottomette senza che mai un dubbio sfiori la loro “coscienza” (si fa per dire) su quel che dicono e quel che fanno nelle loro miserabili vite. Il Coro istruito da Ching-Lien Wu era stupendo sotto ogni aspetto e veniva acclamato insieme agli altri (attrezzisti compresi e in particolare il bambino che incarnava il ruolo muto dell’apprendista).

 Menzione a parte va fatta per l’orchestra del Teatro che non solo si mostrava in grande forma ma che, sotto la bacchetta del giovane e talentuoso Alexander Soddy offriva una lettura tanto o più “cesellata” (e per gli stessi motivi di musica e testo insieme) quanto l’aria di Ellen (“Embroidering”) richiede. Meritatissimi gli applausi davvero assordanti. Non avrebbe senso citare un momento a scapito dell’altro ma personalmente ho trovato insuperabili gl’interludi marini 3 e 4, ma non a scapito degli altri: semplicemente il fascino era assoluto. Come sarebbe bello avere l’onore e il piacere di scrivere sempre delle recensioni come questa…

                                                                                                                 Jorge Binaghi

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