Gli artisti sono lavoratori di serie B

Gli artisti sono lavoratori di serie B

  • 29/04/2020

Intervista al Maestro Matteo Beltrami, direttore d’orchestra, per meglio approfondire le criticità che si sono presentate agli operatori dello spettacolo dal vivo e, nello specifico, del teatro.

Siamo a due mesi dal lockdown, inevitabile decisione presa dal Governo sulla quale c’è poco o nulla da eccepire. Affrontata e non ancora conclusa la cosiddetta Fase 1, si è cominciato a parlare della Fase 2, vale a dire della riapertura scaglionata e controllata delle diverse attività produttive e commerciali. Va detto che il tessuto sociale si regge sulla sua stessa economia. Tra la più piccola realtà di carattere artigianale e la grande industria esiste una filiera (che spesso varca anche i confini nazionali) molto delicata che non può in alcun modo essere interrotta. Come si dice “la forza di una catena è determinata dal suo anello più debole”.

Negli interventi pressoché quotidiani da parte della Presidenza del Consiglio si è parlato della riapertura delle attività produttive, di quelle relative ai servizi, così come del commercio; si è anche cominciato a discutere dei luoghi di culto prestando molta attenzione alle parti in causa pur con la dovuta cautela e con forte senso di responsabilità.

Dati Istat rilevano una Forza Lavoro di circa 25 milioni di lavoratori in Italia, di cui dai 300.000 ai 400.000 trovano impiego nel mondo dello spettacolo. È un grande numero di professionisti e lavoratori dipendenti; ci si sarebbe pertanto aspettata una parola in merito all’apertura di un tavolo di lavoro e di discussione che desse speranza. Questo numero include centinaia di categorie professionali, anelli di quella catena che costituisce il tessuto socio-economico. È un numero importante di persone che attende una risposta dalle istituzioni su come e quando poter ricominciare.

Abbiamo incontrato il Maestro Matteo Beltrami, direttore d’orchestra, per meglio approfondire le criticità che si sono presentate agli operatori dello spettacolo dal vivo, e nello specifico, del teatro.


Maestro Beltrami, come si configurano le varie professioni nell’ambiente teatrale?

Ci sono i lavoratori dipendenti (professori d’orchestra, artisti del coro, attori, danzatori, comparti tecnici e amministrativi dei teatri assunti a tempo indeterminato), la maggior parte dei quali sono momentaneamente in cassa integrazione, i lavoratori autonomi e a Partite Iva (cantanti, strumentisti solisti, direttori d’orchestra, registi, scenografi, costumisti, coreografi, danzatori, mimi, artisti circensi ecc.).

 Di quali tutele beneficiano gli artisti che esercitano la libera professione?

I contratti che sono stati e saranno sospesi o annullati a causa del Covid-19 non prevedono alcuna forma di indennizzo. Questo significa che da marzo a una data che ancora non conosciamo, questi lavoratori non avranno alcuna fonte di reddito. Inoltre, in Italia, vengono versati i contributi per tutti i giorni di prova, ma è retribuito solo il giorno dello spettacolo. Questo significa che, se per qualunque motivo un artista, il giorno dello spettacolo, non è nelle condizioni di prendervi parte ovvero se lo stesso viene annullato per causa di forza maggiore, non solo non ha diritto ad alcun compenso, ma rimette di tasca propria tutte le spese sostenute per i giorni di prova (mi riferisco ai trasporti, vitto, alloggio e quant’altro). Questo è accaduto a molti artisti che a febbraio stavano preparando uno spettacolo mai andato in scena a causa del lockdown.

A tal proposito sono stati predisposti degli interventi da parte del Governo, come il Bonus da 600 euro (che dovrebbe salire a 800 per i mesi di aprile e maggio). Ritiene che sia una misura adeguata?

Riguardo al bonus da 600 euro del mese di marzo, è destinato a chi ha avuto nel 2019 un reddito non superiore ai 50.000 euro, ma con almeno 30 giornate contributive. Molti artisti, le cui giornate di preparazione dello spettacolo non sono contrattualizzate, hanno versato i contributi solo per i giorni in cui gli spettacoli sono stati rappresentati. Nel caso abbiano totalizzato nel 2019 un numero di presenze sul palcoscenico inferiore a 30 non avranno diritto al bonus. Così come non ne avranno diritto coloro che hanno prestato la loro opera all’estero; pur avendo versato le tasse in Italia, i loro contributi non risultano nel computo dell’Inps. Ci tengo a sottolineare che, a causa dell’emergenza Codiv-19, un gran numero di persone non hanno entrate dal mese di marzo e che probabilmente non ne avranno per i prossimi mesi;  versano in gravi difficoltà economiche perché nel 2019 hanno guadagnato molto meno dei 50.000 euro, ma non possono ricevere il bonus perché non hanno maturato più di 30 giornate contributive. Per molti artisti la situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che devono ancora ricevere i compensi per lavori svolti negli ultimi 2 anni.

In questi giorni si sente parlare spesso della clausola che prevede l’annullamento per “causa di forza maggiore”. Anche qui occorrerebbe fare chiarezza sulla sua reale applicabilità. Nel Codice Civile l’unico riferimento a questa definizione emerge esclusivamente dal principio che regola il rapporto tra albergatore e ospite (art.1785 C.C.). Nessun’altra circostanza è prevista. Siamo lontano anni luce dai rapporti che regolano ogni altro obbligo contrattuale. Esistono poi sentenze della Corte di Cassazione che creano quello che in giurisprudenza viene definito come “un precedente”. Nell’ordinamento giuridico internazionale emergono differenti posizioni per ogni Paese (approfondimenti). Ci sono serie possibilità che i contratti sospesi o annullati per Covid vengano in futuro recuperati?

Ovviamente è quanto tutti noi artisti speriamo. Se da un lato confidiamo in scelte dettate dal buonsenso, che non arrechino danni maggiori di quanto già stia facendo il Covid, è pur vero che il fatto che non sia mai accaduto prima d’ora che migliaia di scritture venissero cancellate in tutto il mondo e nello stesso periodo, potrebbe creare un precedente per riformare alcune clausole inerenti ai nostri contratti.

 A tutt’oggi la Fase 2 non prevede alcun provvedimento a favore dello spettacolo dal vivo e ciò ha gettato in uno stato di prostrazione profonda l’intera categoria. Nei giorni scorsi sono apparsi numerosi appelli che hanno diviso l’opinione pubblica: chi ha mostrato solidarietà verso le decine di migliaia di persone il cui ritorno al lavoro non è nemmeno ancora oggetto di discussione e chi le accusa di essere insensibili nel voler rivendicare i propri diritti, ritenuti addirittura frivoli, in un momento terribile come questo.

Cercare di analizzare lucidamente questa situazione per trovare punti fermi da cui ripartire in totale sicurezza, non vuol dire sminuirne la portata tragica né mancare di rispetto alle migliaia di vittime e a coloro che ne piangono la scomparsa. Purtroppo ci sono molti luoghi comuni che ancora circondano la figura dell’artista. Il fatto che il bene che produce non sia vitale o comunque indispensabile per i fruitori, ma sia invece legato ai loro momenti di svago, non significa che si tratti di un lavoro più facile e meno dignitoso di altri. Per un cantante, un musicista, un attore, un danzatore… insomma per tutti coloro che operano nello spettacolo dal vivo, quello che svolgono è un LAVORO al quale hanno sacrificato anni di studio, per il quale continuano a tenersi aggiornati, ad allenarsi e sul quale hanno costruito il futuro loro e delle loro famiglie. Non prendersene cura in questo momento, perché non sono ‘necessari’ o perché ci sono faccende più impellenti a cui badare, è una scelta poco intelligente perché significa creare un danno economico a migliaia di famiglie destinato a ripercuotersi poi sulla collettività.

 Personalmente sono dell’opinione che nessuno di coloro che criticano sarebbe disposto a vivere in un mondo senza cinema, senza musica, senza libri… in poche parole senza il bello, che è ciò che meglio distingue l’uomo dalla bestia. Si dirà che è solo una sospensione delle attività, ma va anche detto che questa chiusura a tempo indeterminato per molti potrebbe voler dire mettere la parola “fine” a quei sogni e a quelle speranze da cui trae linfa vitale l’intero mondo dell’arte. Proprio ripartendo dall’idea di quei pochi convinti che ‘di cultura non si vive’, potrebbe essere di aiuto fare un po’ di chiarezza riguardo alla filiera e all’indotto economico che si genera attorno allo show business.

Per sfatare questo luogo comune è opportuno fornire qualche dato interessante; prendiamo ad esempio il Coccia di Novara, un teatro di tradizione’ che ospita lirica, concertistica e prosa. Vi lavorano 16 dipendenti a tempo indeterminato; conta inoltre una media di 450 assunzioni a tempo determinato ogni un anno tra musicisti, attori, mimi, danzatori, tecnici specializzati aggiunti, ecc… Calcolando una media tra gli spettacoli prodotti dal teatro e quelli ospitati, si stima che ogni lavoratore a tempo determinato necessiti di rimanere in città per una settimana e, provenendo la maggior parte di loro da altre città, si possono contare più di 2000 giornate di indotto per le strutture che offrono ospitalità e ristorazione. La permanenza sul territorio dei lavoratori in trasferta assunti dal teatro genera mediamente una ricaduta economica di 180.000 euro annui.
Il Teatro inoltre alimenta una filiera produttiva che coinvolge al 42% fornitori novaresi e un 58% di nazionali e internazionali.
Questa filiera comprende
  • Fornitori di legnami, metalli, tessuti, parati, pitture e vernici, utensili e ferramentistica per la costruzione di scenografie, attrezzeria e realizzazione di costumi e accessori.
  • Fornitori di parrucche e make up.
  • Forniture di materiale elettrico ed elettronico (server luci, mixer audio, telecamere e proiezioni).
  • Forniture di materiale musicale (noleggio o acquisto spartiti, noleggio, trasporto e manutenzione di strumenti musicali).
  • Forniture di servizi di grafica, web e tipografia (libretti di sala, manifesti e cartelloni).
  • Forniture di servizi di trasporto e facchinaggio.
  • Forniture di servizi di pulizia.
  • Forniture di servizi pubblicitari.
  • Forniture di servizio di trasporto pubblico e privato degli spettatori.
  • Forniture di servizi di catering, bar, ristorazione e distributori automatici.
  • Utenze elettriche, telefoniche ecc…
  • Impresari teatrali, agenzie di rappresentanza, stampa ed editoria specializzata.

Il teatro Coccia ospita anche l’AMO (Accademia dei Mestieri d’Opera), nata per sua volontà nel 2018, e che, grazie alle idee innovative di Corinne Baroni – direttore del Teatro – e di Renato Bonajuto – direttore artistico dell’Accademia – si è vista assegnare un sostanzioso contributo vincendo un importante bando Cariplo.

Anche questa attività creerà un cospicuo indotto per il territorio dal momento che conta decine di persone tra docenti e allievi, provenienti da tutto il mondo, che soggiorneranno a Novara per un periodo prolungato.

 Oltre ai 28 Teatri di Tradizione e ai 14 Enti Lirici ci sono decine di Festival, teatri, compagnie di prosa e centinaia di cooperative e associazioni culturali.

Posso fornirle i dati di una piccola associazione culturale calabrese che nel 2019 ha organizzato più di una ventina di eventi tra opere liriche e concerti, contrattualizzando migliaia di giornate di lavoro per un totale di 200.000 euro, spendendone 100.000 tra tecnici, trasportatori, facchini, sarte, truccatori ecc., 70.000 per personale amministrativo e addetti stampa, 50.000 per rimborsi spese di vitto e alloggi e 20.000 per servizi necessari alla realizzazione degli eventi.

 Dunque, se lo spettacolo dal vivo si dovesse fermare per un lungo periodo (si parla addirittura di un anno), le perdite economiche non colpirebbero solo i lavoratori che ne fanno parte, ma anche le centinaia di realtà imprenditoriali a quel mondo collegate?

Certamente. Da comparti di grandi industrie a piccole realtà artigianali, tutti verranno danneggiati in misura più o meno importante.

 Quali altre misure si dovrebbero adottare per sostenere gli artisti in difficoltà e come possiamo conciliare l’attuale stato di emergenza sanitaria con l’impellente necessità di una ripartenza in totale sicurezza?

Spesso i teatri ritardano a pagare gli artisti perché aspettano gli arretrati – anche di alcuni anni – da parte di comuni e regioni. Occorre pertanto che tutti i soggetti che sovvenzionano il Teatro sblocchino i finanziamenti così che gli artisti possano finalmente ricevere i compensi loro dovuti. Occorre inoltre, fin da subito, allargare la platea degli aventi diritto al bonus di 800 euro anche a chi non ha maturato i 30 crediti e, se dovesse perdurare il lockdown, occuparsi seriamente di tutti coloro per i quali la mancanza prolungata di entrate causerà seri problemi nei prossimi mesi.
Per quanto riguarda la ripartenza, occorre predisporre un calendario di ripresa delle varie attività di spettacolo da vivo le cui modalità di realizzazione rispondano a criteri di sicurezza sanitaria, definiti a livello nazionale, chiari nella loro interpretazione e attuazione. Nessun artista vuole mettere a repentaglio la propria salute, quella dei colleghi e quella del pubblico a cui è fortemente legato ma rimanere per mesi a casa senza lavoro non è l’unica soluzione al problema. Tantomeno la migliore.

Concludiamo citando l’art.3 della Costituzione: “ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Roberto Cucchi

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